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Mostra - L’idea illuministica della città
Le prospettive di Venezia di Antonio Visentini dai dipinti di Canaletto

 

L’idea illuministica della città
Le prospettive di Venezia di Antonio Visentini dai dipinti di Canaletto

Le 40 acqueforti con le vedute di Venezia che compongono l’album Urbis Venetiarum Prospectus celebriores di Antonio Visentini (1688-1782), pubblicato per la prima volta in edizione completa nel 1742, costituiscono la più celebre raccolta di vedute di tutto il Settecento veneziano, non solo per la loro intrinseca qualità artistica, ma perché attorno ad esse si snoda un capitolo importante della cultura artistica settecentesca della città in stretta relazione con la storia del gusto e del collezionismo inglese dell’epoca.
Le vedute del Visentini riproducono, quasi tutte, altrettanti dipinti del Canaletto commissionati dal colto mercante e collezionista inglese Joseph Smith, che nel 1709 si era stabilito a Venezia dove aveva dato vita a un vivacissimo circolo intellettuale e dove nel 1744 sarebbe diventato console britannico presso la Serenissima.
Le incisioni erano state richieste da Smith al Visentini, che ne era anche l’architetto di fiducia,  proprio per avere un catalogo visivo di opere del Canaletto di sua proprietà con cui stimolare la committenza della ricca aristocrazia inglese per i dipinti del grande vedutista veneziano, di cui Smith era il mercante e il mecenate.
Il ruolo dell’album di Antonio Visentini nella conoscenza e nella diffusione dell’opera di Canaletto fu dunque importantissimo.
 Si è talvolta ritenuto Visentini un mero traduttore delle vivaci e grandi vedute del Canaletto nel più freddo bianco e nero dell’incisione, ma oggi se ne tende a rivalutare l’autonoma personalità artistica. Come ha scritto Dario Succi “Nei fogli delle Prospettive l’artista contempla la città singolare con occhio fermo, limpido e immerge le forme in un bagno di luminosa, razionale certezza. Gli edifici esatti si levano leggeri sulle acque e brillano nell’impeccabile sfilata dei volumi […], la città si specchia gioiosamente sulle superfici liquide corse da ombre di seta. Dalla limpidezza della descrizione  nasce un lucido incantesimo, un rarefatto equilibrio espressivo,[…] nulla deve turbare la razionalità delle regole prospettiche, la verità della visione, la fiducia illuministica di un’esperienza certa, ordinata, univoca.”
A questa stessa idea di razionalità illuministica obbedisce anche la sequenza con cui Visentini  ordina nel suo album le vedute del Canaletto, dando ad esse una sistematicità  che consente di leggere Venezia nel suo insieme, come organismo urbano che ha nel Canal Grande il suo asse centrale.  C’è in tutto questo l’eco non solo del classicismo razionalista e neopalladiano che fu la cifra stilistica del Visentini architetto, ma anche delle idee e dei primi fermenti illuministici maturati nel circolo intellettuale veneziano raccolto attorno al console Smith.
Non a caso tra i primi estimatori delle acqueforti di Visentini troviamo un raffinato illuminista come Francesco Algarotti, che nel 1743 le reputava «dignes d’entrer dans le Cabinet du Roy».
(Leggi la biografia di Antonio Visentini e la scheda completa dell’album