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Mostra - Il paesaggio valtellinese nell’arte del Novecento

Sala 1 - Il naturalismo di Corrente

 

Nella Milano della fine degli anni Trenta, Corrente rappresentò una ventata culturale di aria nuova per l’arte italiana che, chiusa nel culto autarchico della tradizione artistica del Tre-Quattrocento, si apriva agli apporti più vivi del post impressionismo europeo da Van Gogh a Picasso.  Il gruppo di giovani intellettuali riuniti attorno alla rivista Corrente, fondata nel 1938 da Ernesto Treccani, non esprimeva un nuovo indirizzo stilistico, ma intendeva piuttosto affermare il bisogno esistenziale delle giovani generazioni di riportare l’arte nella corrente della vita e della storia attraverso una rinnovata libertà espressiva. Presto dunque, all’indomani della Resistenza, i giovani artisti del movimento si sarebbero divisi in diversi gruppi seguendo ognuno le proprie tendenze stilistiche.  Comune, tuttavia, a parecchi di questi artisti, per il resto molto differenti tra loro, resta la fedeltà a  un naturalismo  paesaggistico in cui la libertà cromatica fa aggio sul dato realistico e il colore si impone come elemento costruttivo della composizione paesistica. Così nei due paesaggi di Teglio dipinti da Fiorenzo Tomea, costruiti con piacevole intarsio cromatico, così nell’intenso  paesaggio fluviale dell’Adda di Giuseppe Ajmone e nella Seggiovia a Bormio di Giuseppe Migneco, dove si avverte l’eco del muralismo messicano di Siqueiros, così, infine, nei Vigneti a Desco di Orfeo Tamburi, dove è il ritmo del colore, dal rosso bruciato al verde profondo, che costruisce interamente il paesaggio. In tutte queste opere, ciò che l’artista tende a metter maggiormente in rilievo attraverso il colore,  non è tanto il paesaggio, ma un’atmosfera.