Due artisti di primissimo piano come Bruno Cassinari ed Ennio Morlotti, formatisi nel gruppo di Corrente, ma poi confluiti nel variegato gruppo del Fronte nuovo delle Arti, esemplificano molto bene nei loro paesaggi, il cammino che la pittura di paesaggio compie in questo secondo dopoguerra dal naturalismo alle soglie dell’astrattismo. Il magnifico e notturno Ricordo di Bormio di Bruno Cassinari, pur lasciando intravedere il tema della conversazione, appartiene a una tipologia di paesaggio non più decifrabile in termini naturalistici, ma risolto in chiave ermetica, di oscura impenetrabilità. Lo Studio di granoturco (Valtellina) di Ennio Morlotti costituisce, invece, un paesaggio che potremmo definire esistenziale, in cui la natura ci si para davanti come muro, come angoscioso intrico entro cui l’artista, e noi con lui, restiamo avviluppati e quasi ci perdiamo. Anche i Vigneti a Sondrio del friulano Giuseppe Zigaina, che parte da una poetica pasoliniana in cui la natura ha una valenza sociale, è tutto giocato sul tema della luce e della tenebra come poli costitutivi dell’esistenza individuale. Insieme alla rivoluzione del colore, proprio questo tipo di paesaggio ermetico ed esistenziale apre la strada al paesaggio astratto, di cui i due splendidi collages di Italo Valenti sono splendido esempio. Qui i rapporti cromatici non sono più emotivi e selvaggi, non si colorano di un angoscioso tono esistenziale, ma hanno un tono squisitamente evocativo. La realtà del paesaggio si è del tutto dissolta, rimane il colore ad evocarne il ricordo, a suscitare una mera sensazione, come le note di una composizione musicale.