Proseguendo nella nostra
indagine sulla pittura valtellinese del ‘900 attraverso le opere della
collezione artistica della Bps, incontriamo un gruppo di artisti per molti
versi esemplare di alcune caratteristiche dell’arte valtellinese del proprio
tempo.
Si tratta di cinque pittori,
molto diversi tra loro per stile e temperamento: Luigi Bracchi, Jole Merizzi Turchetti,
Giuseppe Bianca, Valter Vedrini e
Ferruccio Gini, appartenenti a generazioni artistiche differenti. I primi due,
infatti, fanno parte di quella generazione artistica che viene a maturità negli
anni ’30 del Novecento, ma continua dipingere fino agli anni ’60; Giuseppe
Bianca e Valter Vedrini, sono invece esponenti di quel gruppo di giovani
artisti che all’inizio degli anni ’50 infonde uno spirito del tutto nuovo
all’arte locale, mentre Ferruccio Gini è
certamente l’artista di maggior spicco
della generazione di pittori che
si impone in Valtellina tra gli anni ’70
e gli anni ’80 del Novecento.
La produzione di questi
artisti spesso si intreccia cronologicamente nel panorama valtellinese, specie
negli anni ’60 e ’80 quando molti di questi artisti sono contemporaneamente
attivi sullo scenario locale, ma le caratteristiche di ognuna di queste tre
generazioni rimangono tuttavia sempre immutate e ben distinte tra loro.
E così, se Luigi Bracchi e
Jole Merizzi Turchetti e Luigi Bracchi continuano ancora a dipingere la prima
fin verso la fine degli anni ’60, il secondo ancora nella prima metà degli anni
’70, non per questo i loro quadri perdono
le caratteristiche di sobrio e tradizionale realismo della loro pittura degli anni ’30, come
dimostrano proprio le opere qui presentate.
Allo stesso modo la pittura
di Bianca e di Valter Vedrini, segnata dalla rivoluzione del colore, convive
strettamente nel panorama artistico locale degli anni ’80 e degli anni ’90 con
lo sperimentalismo stilistico e il bisogno di aggiornamento e di modernità dei
nuovi pittori come Ferruccio Gini.
Nulla sottolinea meglio
queste marcate differenze stilistiche generazionali, di alcuni temi pittorici comuni
a tutti questi artisti, come il paesaggio e la natura morta.
Il paesaggio di Bracchi, così
nitido, pulito e luminoso, si fa in Vedrini torrente cromatico, carnoso intrico
di colore, mentre in Ferrruccio Gini diventa metafisica distesa che si perde
all’infinito.
Allo
stesso modo il tema della natura morta è di struggente delicatezza in un
artista di misurato tradizionalismo come Jole Merizzi Turchetti, ma diventa
studio di rapporti cromatici e si tinge poetici accenti alla Morandi in Giuseppe Bianca, si trasfigura in pura
gioia del colore in Vedrini e si fa,
infine, mistero esistenziale nelle geometriche forme degli interni di Ferruccio
Gini.