Nella Valtellina degli anni Cinquanta, all’indomani del secondo dopoguerra, la scena artistica è dominata e profondamente rinnovata da un gruppo di artisti-intellettuali quasi tutti di provenienza esterna ed estranei alla tradizione locale. Tra di essi, insieme al tentino Benetti, ai toscani Guerrini e Minocchi e al meridionale Corrado, troviamo anche il siciliano Giuseppe Bianca, allievo di Pio Semeghini, alla cui lezione chiarista si manterrà sempre fedele. La sua ricerca artistica è incentrata sulla natura morta che gli consente di indagare le infinite variazioni espressive del colore e le più sottili sfumature poetiche insite nei rapporti cromatici. E’ la rivoluzione del colore, insomma, ciò che questa schiera di artisti porta in Valtellina. Ma ad essa non rimangono estranei neppure molti artisti valtellinesi di quegli anni, fra cui il sondriese Valter Vedrini che di questo nuovo sentimento del colore diventa, forse, il protagonista più vigoroso sia nel paesaggio che nella natura morta. In lui il colore diventa irruente, traboccante di energia vitalistica e manifesta una forza costruttiva della composizione di rara efficacia espressiva, come dimostrano i due paesaggi della Valmalenco qui esposti insieme alla magnifica composizione floreale.