La Natura morta di Giuseppe Bianca, il maggiore esponente del chiarismo lombardo in Valtellina, ci riporta all’originario nucleo evocativo che dalla natura morta e dalla sua silenziosa immobilità, trapassa, anche in ambito valtellinese, nella pittura di paesaggio. Questo trapasso avviene gradualmente e in forme molto differenti nell’arte valtellinese, secondo le tendenze stilistiche dei singoli artisti. In un artista della vecchia generazione come Luigi Bracchi, ad esempio, legato ai modi del tradizionale realismo paesistico, il paesaggio umano è ancora vivo, ma è già un paesaggio immobile, silenzioso e la presenza, nelle due opere qui presentate, della figura umana, poco più di una macchia, più che ravvivarlo, ne sottolinea la solitudine, che fa delle case, dei ponti, delle rogge, cioè dei segni della vita assente, gli assoluti protagonisti. Anche in un artista neo impressionista come Livio Benetti, il paesaggio rurale è ancora vivo, come nel bellissimo Case a Gatti, con quell’esplosione cromatica delle case contadine che si protendono al sole riducendo a invisibili macchiette le poche presenze umane che ne vengono interamente assorbite. Ma già nelle baite e nei prati del Paesaggio rurale in Valmalenco, si insinua quella vena di sottile malinconia che ne presentisce l’imminente scomparsa.