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Mostra - Milano e la Lombardia pittoresca nella grafica del primo Ottocento

 

Milano e la Lombardia pittoresca nella grafica del primo Ottocento

Fra la seconda metà del ‘700 e la prima metà dell’800, in coincidenza con lo sviluppo del grand tour europeo, il viaggio pittorico, cioè la raccolta di stampe di paesaggio, è stata una pratica artistica diffusa un po’ dappertutto in Italia, soprattutto ad opera di artisti stranieri. Ma nella Lombardia della prima metà dell’800, con il tramonto di Napoleone e la nascita del Lombardo-Veneto, essa assume un particolare significato di costruzione dell’identità regionale. E ciò sia per la realizzazione delle nuove grandi strade transalpine dello Spluga (1824) e dello Stelvio (1825), che aprono al traffico turistico internazionale le Alpi lombarde e spingono gli artisti alla scoperta del paesaggio montano e lacustre dell’alta Lombardia, sia per la presenza di grandi scrittori, come Manzoni o Stendhal, che rendono celebre il paesaggio brianzolo del lago di Como (il Diario del viaggio in Brianza di Stendhal è del 1818, mentre la prima edizione dei Promessi sposi, col celebre incipit, esce nel 1827), sia infine per la presenza di un vivace mercato editoriale come quello milanese, dove l’incisione e la stampa di paesaggio conoscono una forte diffusione presso un pubblico sempre più vasto che dall’aristocrazia si allarga presto all’alta e alla media borghesia cittadina. Le vedute milanesi dell’Aspari, con il loro gusto preromantico che fonde strettamente architettura, storia, natura e vita sociale, sono la migliore introduzione alla Lombardia pittoresca del primo Ottocento, attraverso cui prende immagine e forma l’identità paesistica della regione nel quadro del nuovo regno Lombardo-Veneto. Nella prima metà dell’Ottocento, infatti, la stampa artistica di paesaggio conosce uno sviluppo e una diffusione in grado di incidere e di condizionare l’immaginario collettivo, molto più della pittura che resta limitata a una cerchia ristretta di intenditori. E, da questo punto di vista, se le vedute dell’Aspari si rivelano ancora fondamentali per l’identità della Milano del primo ‘800, è soprattutto attraverso l’opera dei coniugi Lose, del Meyer e di Giuseppe Elena che si costruisce l’immagine della Lombardia pittoresca nell’età del Lombardo-Veneto. Le acquetinte di Federico e Carolina Lose, due tedeschi di Dresda trasferitisi a Milano e naturalizzati lombardi, rappresentano un’ottima sintesi dei differenti punti di vista con cui lo zurighese Johann Jacob Meyer e il milanese Giuseppe Elena guardano al paesaggio lombardo, il primo più romantico, il secondo più descrittivo. Meyer è certamente la figura di maggior spicco di tutta la lunga schiera di artisti-viaggiatori nella Lombardia del primo ‘800 se non altro perché a lui si devono i due suggestivi album di incisioni – le 32 vedute sulla nuova strada montana dello Spluga (di cui si presentano qui 4 tavole) e le 36 acqueforti sulla nuova strada dello Stelvio (già presentate su popsoarte nell’apposita mostra virtuale) che, insieme, costituiscono la documentazione artistico-visiva più completa sul paesaggio alpino e pedemontano lombardo nel quadro delle nuove vie di comunicazione tra la Lombardia e l’Europa della prima metà dell’800. Giuseppe Elena, invece, con la monumentale raccolta della Lombardia Pittoresca (1836/1838), segna a Milano, nella stampa artistica di paesaggio, il trapasso dall’incisione alla litografia, cioè al disegno su matrice di pietra che, consentendo tirature più alte a costi più bassi, si rivolge al nuovo e più ampio pubblico borghese, in cui il gusto romantico del paesaggio cede progressivamente il posto a un rinnovato bisogno di realismo visivo. Non sarà, tuttavia, la litografia a soddisfare questo nuovo gusto borghese, ma la dagherrotipia, cioè la stampa da lastra di vetro impressionata dalla luce, che si diffonde a Milano a partire dal 1840 e che alla “veduta” sostituisce presto il “panorama”. Da questo punto di vista, il dagherrotipo colorato a mano rappresenta l’estrema frontiera della stampa artistica di paesaggio, dopo la quale tramonta l’éra del viaggio pittorico e comincia quella del réportage fotografico.