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Mostra - Il volto e la figura (1) - Dal Quattrocento all'Ottocento

 

Il volto e la figura (1) - Dal Quattrocento all'Ottocento

Il volto e la figura sono due elementi caratteristici della civiltà artistica occidentale. In essi si sono sempre espresse due diverse e opposte tendenze culturali, la tendenza idealizzante, che mira a superare nel volto e nella figura la componente individuale a favore di un’immagine ideale e trascendente di natura morale o religiosa, e la tendenza fisionomica, che punta invece, quanto più possibile, sulla somiglianza nella rappresentazione dei tratti del volto e della figura fisica da cui far emergere il carattere e le qualità morali dell’individuo.Questa seconda tendenza emerge in Occidente tutte le volte che la società si affranca dalla pressione incombente della teocrazia religiosa e dalla stretta presa dell’ideologia politica.È allora che il volto e la figura diventano ritratto, cioè raffigurazione dell’individuo o meglio di un individuo nella sua singolarità etica e umana.È accaduto così in epoca ellenistica con gli straordinari ritratti Fayyum, è accaduto così nella ritrattistica di età romana. Ma la vera rivoluzione in questo campo è avvenuta alla fine del Quattrocento, quando si diffonde una nuova concezione dell’uomo e della sua centralità nella vita e nella storia, che sta alla base del mondo moderno e che trova nell’arte figurativa una delle sue massime manifestazioni.Qui gli effetti di questo nuovo paradigma umanistico che riporta l’uomo dal cielo alla terra, sia vertono innanzitutto nell’arte sacra. Fino a quel momento la rappresentazione del volto e della figura era stata rigorosamente limitata quella di Cristo, della Vergine e dei Santi, ieraticamente atteggiati ad esprimere l’essenza metafisico-religiosa della loro immagine che trascendeva, in tal modo, la loro umana individualità per diventare simbolo di una realtà ultraterrena.Ora, invece, il volto acquista un’inedita espressività umana che ne mostra i sentimenti, la figura si scioglie in un atteggiamento più plastico e dinamico e, sotto le vesti, affiorano le forme del corpo che preme e si muove. Contemporaneamente si afferma il nuovo genere del ritratto, in cui il volto diventa espressione per eccellenza dell’individuo nella sua unicità e singolarità di uomo.È la rivoluzione dell’arte moderna col trionfo del realismo naturalistico, i cui sviluppi arrivano fino al Novecento, quando con l’affermarsi della fotografia, la scoperta dell’inconscio e la svolta dell’arte attratta, il paradigma muta bruscamente e che tratteremo perciò in una seconda parte di questa nostra indagine sul volto e la figura nell’arte.In questa prima parte ci focalizziamo invece sulle origini e lo svolgimento di questa rivoluzione artistica dalla fine del Quattrocento all’Ottocento attraverso alcune delle opere più significative presenti nella collezione della Bps.La mostra si apre con due sculture lignee della fine del Quattrocento, una di scuola tardogotica tedesca, l’altra di scuola lombarda, in cui questo processo di umanizzazione del volto e della figura appare già evidente.  Ma è con il Rinascimento e l’arte barocca, fra il Cinquecento e il Settecento che esso si impone con la piena affermazione del tema profano del ritratto declinato sul doppio registro del volto e della figura, che sono le due forme sotto cui si presenta e si indaga l’individuo.Quanto più l’immagine si focalizza sul volto, fino al mezzobusto, tanto più risaltano le qualità psicologiche e morali (il coraggio, la fierezza, la dignità, la coscienza di sé, ecc.) dell’individuo che vuole affermare se stesso. Tipico in questo senso il tema dell’autoritratto dell’artista. Quanto più invece l’immagine si allarga fino all’intera figura, tanto più vengono in primo piano le qualità pubbliche e la condizione sociale dell’individuo con tutti i segni esteriori che le connotano, come accade, ad esempio, in Ceruti.L’aspetto più interessante di questo processo è però che esso investe a trasforma la stessa arte sacra portata in questi secoli a conformarsi al nuovo paradigma umanistico. Il volto di Cristo, ad esempio, perde il suo connotato ieratico per acquistare i tratti naturali della sua piena umanità, mentre le figure di santi non sono più trasfigurazioni ideali prive di individualità, ma volti comuni e figure di uomini in carne e ossa le cui azioni e i cui atteggiamenti, come il S. Carlo Borromeo in preghiera, diventano esempio morale.