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Mostra - Quando l'arte è donna. Pittura al femminile in Valtellina (Prima parte)

 

Quando l'arte è donna. Pittura al femminile in Valtellina (Prima parte)

Uno degli aspetti meno indagati della storia dell’arte in Valtellina è la presenza piuttosto esigua di artiste donne, la cui opera continua a rimanere, per giunta, piuttosto in ombra rispetto a quella dei protagonisti maschili.Nella collezione d’arte della Bps, queste pittrici sono ben documentate e spesso presenti con un discreto numero di opere. Abbiamo spesso preso in considerazione nelle mostre virtuali sul sito di popsoarte alcune di queste opere e di queste artiste, ma sempre in rapporto a temi propri della storia dell’arte comuni a tutti gli artisti, senza mai prendere in considerazione il peso che la presenza femminile ha avuto nell’arte valtellinese l’originale apporto che vi ha . loro pittura in rapporto alla loro condizione di donne e all’influenza che questa condizione ha esercitato sulla loro opera.Cosa che, come Popsoarte, ci proponiamo di fare in due mostre virtuali nel corso di questi mesi.Non si tratta, diciamo subito, di mettere in risalto alcuna specificità femminile della loro arte, si tratta piuttosto di indicare, insieme alle caratteristiche stilistiche delle singole artiste, i problemi che la loro produzione artistica pone alla storia dell’arte in generale e a quella della nostra provincia in particolare.In un celebre saggio di cinquant’anni fa, Perché non ci sono state grandi artiste?, Linda Nochlin, una delle più autorevoli storiche dell’arte americana, metteva in guardia contro la tendenza dei movimenti femministi a ricercare nella produzione delle donne “l’esistenza di uno stile femminile peculiare  e riconoscibile, diverso da quello maschile sia a livello formale che espressivo, e in grado di trasmettere il carattere unico della condizione e dell’esperienza delle donne”.E ciò per il semplice motivo che non c’è nella storia dell’arte “alcuna quintessenza della femminilità” e se volessimo ricercarla nelle opere delle artiste più note, da Artemisia Gentileschi ad Angelika Kauffmann, da Rosa Bonheur a Berthe Morisot, da Käte Kollwitz a Giorgia O’Keefe, dovremmo concludere, scrive la Nochlin, che nelle opere di tutte queste artiste ci sono “più somiglianze con i loro colleghi maschi, della stessa epoca e corrente di pensiero, che non fra di loro”. Il problema, infatti, non è, per la Nochlin, la ricerca di un’essenza femminile nell’arte, quanto piuttosto perché nella storia dell’arte ci siano state così poche donne e perché, fra queste poche, non ci siano grandi artiste donne, alla pari di Giotto, Michelangelo o Caravaggio. E questo è un problema storico, che chiama in causa l’organizzazione stessa della società, la cultura delle sue istituzioni non solo artistiche, ma sociali, come la famiglia, l’educazione, la scuola, tutte fondate sull’idea che il genio artistico sia una qualità mistica eminentemente maschile, preclusa alle donne, un’idea che da Vasari in poi è stata il canone fondamentale di tutta la storia dell’arte, che ha modellato di sé tutta la società. Quale bottega artistica, quale Accademia, dal rinascimento in poi avrebbe mai accettato una donna?  Fino a tutto l’Ottocento le donne sono rimaste escluse dalle scuole di nudo, base di tutta l’educazione artistica e solo particolari condizioni familiari o di status sociale hanno permesso a poche donne di superare questo limiti culturali.Con questa stessa ottica storica, centrata sulla esigua presenza femminile, va dunque guardato, anche nella nostra provincia, lo svolgimento della storia dell’arte. È ciò che cerca di fare questa prima mostra virtuale Quando l’arte è donna. La presenza femminile nell’arte valtellinese, attraverso l’opera di alcune artiste presenti nella collezione della Bps, Vittoria Ligari, Jole Merizzi Turchetti, Gilda Pansiotti, Simone Gentile, Angiola Tremonti. Sono cinque casi, infatti, che scandiscono altrettanti percorsi esemplari, attraverso cui la donna si fa strada, malgrado le barriere e i pregiudizi sociali, nel mondo dell’arte.Il caso di Vittoria Ligari è unico nella Valtellina del Settecento. È, infatti, grazie al padre, il grande Pietro Ligari, che Vittoria riesce a ottenere le poche commesse che le consentono di mettersi alla prova e di lasciare il segno nella società locale dove la presenza femminile nell’arte non ha, per il resto, spazio alcuno.Bisogna arrivare al Novecento per trovare nell’arte valtellinese altre presenze femminiliLe prime due, Gilda Pansiotti e Simone Gentile, non appartengono al milieu culturale e sociale valtellinese, ma la prima vi ha operato negli anni Trenta con le sue mostre e la seconda con i soggetti dei suoi quadri, ritratti di personaggi valtellinesi legati alla storia della Banca Popolare di Sondrio e da questa direttamente commissionati.  In entrambi questi casi è la loro condizione sociale che ne ha permesso l’affermazione nel mondo dell’arte.Anche nel caso di Jole Merizzi è l’agiata condizione sociale borghese che le consente una regolare formazione artistica, ma la Turchetti è negli anni Trenta la prima donna artista nell’arte valtellinese del ‘900, anche se è solo negli anni Sessanta che si avverte la sua presenza nel contesto artistico locale.In questo contesto, invece, è sicuramente forte negli anni Novanta, per la ventata di novità che vi apporta, la presenza di un’altra artista valtellinese, Angiola Tremonti, anch’essa di agiata famiglia borghese, che sulla scena artistica locale approda, però, solo dopo aver maturato il proprio sperimentalismo pittorico, al di fuori della provincia.Non sono le uniche presenze femminili nell’arte del Novecento in Valtellina. Ma delle altre, rilevanti donne artiste valtellinesi presenti nella collezione Bps, parleremo in una seconda mostra virtuale sul tema della pittura femminile in Valtellina.