Le tre artiste valtellinesi presentate in questa seconda mostra virtuale dedicata all’arte femminile in Valtellina nelle collezioni della Bps, rappresentano non solo tre diversi momenti storici dell’arte valtellinese del Novecento, ma anche tre diversi contesti socio-culturali entro cui una donna riesce a dar vita alla propria vocazione artistica e tre diverse modalità femminili di vivere la propria condizione di artista.Maria Biancardi (Sondrio, 1886 – Bormio, 1959) è un’artista valtellinese del primo Novecento, che sviluppa a Milano, in un ambiente socialmente aperto e artisticamente stimolante, tutta la propria carriera d’artista.La condizione agiata della sua famiglia (il padre è generale dell’esercito, la madre una Caimi dell’illustre famiglia valtellinese) le consente, infatti, di studiare con un maestro come Paolo Sala, grazie al quale, e grazie soprattutto al clima di affermazione e ascesa sociale della donna, favorito dal forte movimento di emancipazione femminile milanese, le si aprono presto, a partire dal 1912, le porte della partecipazione ad alcune delle più importanti mostre collettive nell’Italia del tempo, dove la Biancardi si impone all’attenzione della critica coi suoi acquarelli, le sue nature morte e i suoi paesaggi valtellinesi e camuni.Intorno agli anni Trenta torna a vivere sempre più stabilmente in Valtellina, diradando la sua partecipazione a mostre e rassegne e la sua presenza sulla scena artistica pubblica, ma continuando a dipingere in un voluto isolamento fino agli ultimi anni di vita. A questo secondo periodo della sua produzione appartiene probabilmente il dipinto della collezione Bps qui presentato, La piana di Bormio, che basta da solo a farne intravedere tutta la raffinata tecnica artistica.La personalità e l’opera di Vittoria Personeni Quadrio (Sondrio, 1931), si iscrivono interamente, invece, nell’ambito della storia e degli sviluppi dell’arte in Valtellina nel secondo dopoguerra. Anche la Personeni Quadrio appartiene a un milieu sociale di agiata borghesia urbana che le consente la formazione a Bergamo all’Accademia Carrara alla scuola di un importante artista come Achille Funi, ma nel suo caso il fatto sorprendente è che, giovanissima, riesce ad affermarsi relativamente presto come artista nel chiuso ambiente culturale e sociale della Valtellina del secondo dopoguerra, inserendosi nel ristretto gruppo di artisti, quasi tutti di provenienza esterna alla valle (Benetti, Guerrini, Minocchi, Bianca, ecc.) con una insolita libertà espressiva che vira presto verso un sempre più aperto e marcato espressionismo. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, la Personeni diventa così, sulla scena artistica provinciale, il prototipo dell’artista donna valtellinese, e tale rimarrà per oltre un decennio, fino alla fine degli anni Sessanta, quando in provincia di Sondrio si farà strada una più larga presenza femminile nell’arte figurativa, di cui la Personeni Quadrio - che con le sue incisioni allarga intanto negli anni Ottanta la sua presenza al piano nazionale e internazionale - resterà comunque una delle maggiori protagoniste fin oltre gli anni Duemila. Le quattro opere qui presentate, tutte risalenti al periodo compreso fra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, esemplificano bene l’evoluzione stilistica del suo espressionismo e i temi prediletti della sua pittura: l’intimità familiare, il paesaggio alpino, il balcone fiorito, i cavalli, questi ultimi due temi, i cavalli in particolare, espressione di quel sentimento di libertà come armonico dinamismo di forme e colori, che sta alla base della sua ispirazione e in cui si riassume la sua più autentica cifra stilistica. Infine Alessandra Romeri (Albosaggia, 1944). Il suo è il caso più singolare di artista donna valtellinese, non per il carattere della sua pittura che, come per la Biancardi, la Personeni Quadrio e le donne artiste in genere, non si distingue da quello dei colleghi maschi, ma per l’insolito pudore, se non ritrosia comunicativa della sua personalità artistica. Qualsiasi artista, infatti, raggiunge solo nella comunicazione con la critica e con il pubblico, vale a dire attraverso la ricezione sociale della sua opera, la piena consapevolezza di ciò che ha realizzato. L’arte insomma non è solo un atto espressivo, ma è anche un processo comunicativo. Ebbene, di questa artista autodidatta valtellinese conosceremmo poco o niente se nelle collezioni della Bps non fossero fortuitamente pervenute le dieci opere che qui presentiamo. Nessuna mostra personale nel corso della sua vita, nessuna sua opera nei musei o in collezioni pubbliche, nessun cenno sulla sua attività artistica nella stampa. Quasi tutta la sua produzione, fatta eccezione per le poche sue opere di proprietà degli amici e dei più stretti familiari, è da lei volutamente custodita nella grande casa di Albosaggia dove l’artista vive. La sua arte senza tempo, ispirata a un naturalismo semplice e all’apparenza tradizionale, in realtà non privo di una sua complessa modernità, esprime un rapporto intimo con la natura e una profonda empatia coi luoghi della propria vita, Albosaggia e le sue contrade soprattutto, dove si condensa tutto il suo mondo poetico.