Non si può dire che il genio artistico sia stato, in passato, un tratto caratteristico della cultura valtellinese. Fino al secondo Novecento, infatti, protagonisti della grande arte in Valtellina sono stati quasi sempre artisti non valtellinesi, ma ticinesi e lombardi. Fa eccezione un unico artista, Pietro Ligari (1686-1752), che, nel secolo d’oro dell’arte in Valtellina, il Settecento, diede vita a una vera e propria dinastia di pittori, I Ligari, che comprende i figli Cesare e Vittoria, che ne furono allievi senza eguagliarne la statura, e il pronipote Angelo che ne fu nel primo ‘800 un mediocre epigono. Personalità poliedrica e, per certi versi, geniale (fu anche architetto, agronomo, designer, progettista di giardini e costruttore di orologi e organi a canne), Pietro Ligari resta un protagonista del barocco lombardo, col suo inconfondibile stile in cui il canone pittorico romano di Pietro da Cortona si fonde con l’estro coloristico della pittura veneziana.Nel grande mosaico di Piazza Garibaldi a Sondrio, ricavato dal celebre Autoritratto dell’artista, oggi conservato al MVSA di Sondrio, Benetti ne fa perciò, giustamente, il simbolo dello spirito artistico in Valtellina.Lo stesso discorso può essere fatto per la letteratura, che non conosce in Valtellina personalità di spicco, fino a quando a fine Ottocento non si impone sulla scena culturale provinciale e nazionale, come poeta e critico letterario, il chiavennasco Giovanni Bertacchi (, che, insieme al morbegnese Guglielmo Felice Damiani e al tiranese Balilla Pinchetti, è certamente il maggiore letterato valtellinese del Novecento.Anche nel caso di Bertacchi ritroviamo nella collezione artistica della Bps un bel medaglione in bronzo realizzato da Livio Benetti nel 1982, in occasione del 40° anniversario