Nel suo celebre libro La mitologia degli alberi, Jacques Brosse scrive che «fin dall’origine il destino degli uomini fu associato a quello degli alberi con legami talmente stretti e forti che è lecito chiedersi che cosa ne sarà di un’umanità che li ha brutalmente spezzati».Se, infatti la vita biologica dell’uomo, come ci insegna Darwin, è frutto dell’evoluzione animale, la sua vita culturale, trova invece sicuramente nell’albero, con le sue radici che affondano nella terra e traggono vita dall’acqua, e i suoi rami che si protendono al cielo, il simbolo per eccellenza della vita dell’uomo, mito fondativo della stessa civiltà umana e del suo intimo legame con la natura.Di questo stretto intreccio archetipico troviamo traccia in tutte le grandi civiltà umane e in tutte le religioni. Nei miti delle civiltà più antiche l’uomo nasce spesso dagli alberi, nella mitologia greca non c’è albero che non sia dedicato a un Dio e nella religione cristiana la vita nasce nel giardino dell’Eden e il destino spirituale dell’uomo è tutto compreso tra l’albero adamitico del bene e del male, alle origini della storia, e l’albero della croce e della salvezza al suo compimento.Di questa dimensione mitologica delle piante, l’arte figurativa di ogni tempo e luogo ha conservato tracce profonde, ma in quella occidentale, il tema dello stretto legame uomo-albero ha avuto una sua singolare evoluzione. Se Bernini, ad esempio, con il suo Apollo e Dafne, in cui quest’ultima per salvarsi dallo sfrenato desiderio del dio si trasforma in alloro, ci ha dato un’immagine di incomparabile bellezza della trasformazione di un essere umano in albero, tutta l’arte moderna, invece, ha fatto spesso dell’albero la personificazione stessa dell’uomo e dei suoi sentimenti. Ha creato, cioè, l’albero-persona, con un processo di trasfigurazione simbolica spinto talora fino all’astrazione, come in Mondrian, ad esempio, le cui geometriche composizioni di linee e colori, altro non sono che il risultato della progressiva stilizzazione dei rami dell’albero, tema ricorrente delle sue prime opere. Questa lunga premessa per introdurre lquesta nuova mostra virtuale, Alberi, la silenziosa vita della natura nell’arte, nata appunto dall’idea di indagare, attraverso una selezione di opere della collezione della Bps, come nell’arte figurativa soprattutto moderna, la vita degli alberi, senza perdere il suo connotato naturale, si trasformi in simbolo della vita stessa dell’uomo, colorandosi dei suoi sentimenti e ritrovando l’ancestrale legame di uomo e natura che abbiamo visto alle origini stesse della civiltà umana.Punti estremi di questo processo possono essere considerate le due opere non a caso presentate insieme nell’ultima sala della mostra, quella di Salvator Rosa, Paesaggio con filosofo, e la piccola scultura di Angiola Tremonti, Elevazione. Nella prima gli alberi, secchi e spogli, riflettono e incarnano, per così dire, le riflessioni del filosofo sul divenire e la morte, nella seconda, invece, la foglia si trasforma in donna e la donna si trasforma in albero, in un processo di stretta fusione metamorfica tra natura e figura umana.In mezzo c’è l’infinita gradazione con cui nell’arte moderna avviene questa antropomorfizzazione della natura e degli alberi, riassunta nelle altre tre sale della mostra, anche in opere dove meno ce l’aspettiamo.Che cosa sono, infatti, il bosco di Angelo Vaninetti nel dipinto Desco o la Pineta di Francesco Carini o la Vegetazione lungo il torrente di Livio Benetti e Il Noce a Cogolo di Felice Cattaneo, se non paesaggi naturali in cui si annida la nostalgia dell’Eden primitivo, del paradiso naturale da cui prende origine la vita, come indicano spesso l’acqua, le montagne, il cielo che fanno corona agli alberi?E se nel Paesaggio primaverile in Liguria di Paolo Punzo, nelle sue Case nel verde a Merano, o nella Casa nel piano di Ardenno di Fiorenzo Tomea, è l’albero che dà senso alla natura e alle cose dell’uomo come radice primordiale e inseparabile compagno della vita, è soprattutto in opere di grande suggestione come L’albero di Grytzko Mascioni, Autunno di Giancarlo Vitali, Betulle di Alessandra Romeri e i Girasoli di Angelo Vaninetti che l’albero si fa persona vivente, si carica di sentimenti e di movenze tutte umane, fino al punto in cui, in un capolavoro come Studio di granoturco (Valtellina) di Ennio Morlotti, la stessa materia vegetale crepita di vita nel dipinto, come carne e sangue.