Tra i grandi ritrattisti del Seicento, accanto a Rembrandt, Rubens e Frans Hals, vanno sicuramente annoverati anche il francese Sébastien Bourdon (1616-1671) e il bergamasco Carlo Ceresa (1609-1679).
L’Autoritratto di Sébastien Bourdon e il Ritratto di gentiluomo di Carlo Ceresa ci presentano un uomo che non ha più l’espressione semi idealizzata dei ritratti del Rinascimento, in cui rappresentava un tipo, ma quella dell’individuo nella sua irriducibile unicità, sicuro di sé e quasi spavaldo nelle vesti e nell’atteggiamento.
Nel Seicento, tuttavia, l’individuo è ancora quasi esclusivamente il sovrano e l’aristocratico di cui il ritratto celebra l’orgoglio e la potenza, o l’artista che nell’autoritratto indaga se stesso. Nel Settecento, invece, accanto a re, principi e santi fanno il loro ingresso nell’arte anche la persona comune, come mostra il bel Ritratto di suora qui presentato di ignoto maestro settecentesco, e i ceti sociali più poveri e umili come nel Ritratto di ragazza a lungo attribuito a Giacomo Ceruti, il Pitocchetto (1698-1797), ma in ogni caso di artista a lui molto vicino.