Nel corso del Seicento il ritratto come espressione dell’individualità si afferma anche nell’arte religiosa. Il Salvator Mundi di Daniele Crespi (1598-1630) e il San Pietro del ticinese Antonio Petrini (1621-1701) ne sono in questa sala due altissime testimonianze.
Il Cristo Salvatore del mondo del Crespi non ha più nulla della ieratica maestosità scenografica della figura tradizionale del salvatore che avvolge nel suo mantello l’intera umanità, ma è solo un volto di giovanile bellezza e di fresca energia che tiene in pugno il globo terrestre sormontato da una croce, simbolo della universalità della sua missione salvifica.
Il San Pietro di Antonio Petrini colto in un attimo notturna di quotidiana, è, invece, tutto nello scatto del suo volto che sente il richiamo del divino proveniente dalle tenebre e dal mistero.
Anche il volto dei Santi, come quello dei popolarissimi San Rocco e Sant’Antonio da Padova qui esposti, tende a perdere del tutto nel Settecento l’espressione solenne e ispirata dell’iconografia tradizionale a favore di una più realistica e quotidiana normalità.
Anche questo un segno della secolarizzazione dell’arte religiosa nel Settecento.