(Busto Arsizio, Varese 1597/1598 - Milano 1630)
Sebbene non se ne conosca ancora l’atto di battesimo, si dà ormai per acquisita la nascita di Daniele Crespi tra la fine del 1597 e l’inizio del 1598, forse (ma anche questo non è certo) a Busto Arsizio da cui sicuramente proveniva la famiglia. Anche gli inizi del pittore restano alquanto incerti. Sulla scorta delle fonti secentesche, la critica più recente appare ormai incline ad assegnargli la pala col Martirio di san Giovanni Battista nella chiesa di Sant’Alessandro in Zebedia a Milano, databile al 1618, che testimonierebbe di un’educazione artistica influenzata dal manierismo “romano” del primo Morazzone. Altri preferiscono invece attenersi ai suoi primi dipinti chiaramente identificabili, come gli affreschi della cappella di sant’Antonio nella chiesa milanese di san Vittore al corpo e, soprattutto, l’affresco con l’Adorazione dei Magi nella sacrestia della chiesa di Sant’Alessandro a Milano, entrambi databili al 1619, ma che porrebbero gli inizi e la formazione artistica del pittore sotto il segno di Giulio Cesare Procaccini, la cui influenza sul pittore è di tale evidenza che spesso gli sono stati attribuite opere oggi invece più correttamente assegnate al Crespi. Al 1919 risalirebbero anche, stando alla testimonianza del Delfinone (1679), la pala d’altare con la Morte di san Paolo eremita, che alcuni invece datano al 1621, cioè al termine del ciclo decorativo della cappella di sant’Antonio in San Vittore al corpo dove il giovane Crespi affrescò anche i quattro pennacchi della cupola con le figure degli Evangelisti.
Di più certa datazione gli affreschi realizzati nella basilica di sant’Eustorgio a Milano nel 1621, lo stesso anno in cui risulta documentata la sua partecipazione a una seduta dell’Accademia Ambrosiana, fondata l’anno precedente dal cardinale Federico Borromeo e presieduta dal Cerano, la cui influenza, insieme a quella di G. C. Procaccini, è chiaramente rintracciabile nell’opera giovanile del Crespi tesa alla drammatizzazione emotiva della rappresentazione.
Come ha notato la Ward Neilson, questo registro drammatico del Crespi muta bruscamente con il ciclo di tele eseguite fra il 1623 e il 1624 per la chiesa milanese di San Protaso ad Monachos e oggi nella parrocchiale di Busto Arsizio, in cui si avverte la presenza di quello stile narrativo “di grande chiarezza formale“ - maturato nel corso di un soggiorno a Piacenza a contatto con la pittura emiliana e con l’opera di Lanfranco in particolare - che costituirà da quel momento la cifra stilistica più autentica dell’opera del Crespi.
La successiva attività dell’artista, grazie anche all’apprezzamento da parte del cardinal Federico Borromeo, si svolge essenzialmente prima sotto la committenza dell’Ordine dei Canonici Lateranensi - per il cui insediamento a Milano il Crespi esegue il Digiuno di san Carlo Borromeo, una delle sue tele più famose, il Cristo morto sorretto dall’angelo e, insieme a Giuseppe Vermiglio, la Via passionis, oltre a vari ritratti di membri dell’Ordine - e quindi sotto quella dell’Ordine dei Certosini. E’ per questi ultimi che il Crespi realizza nel 1629 il grande ciclo di affreschi con le Scene della vita di san Bruno nella Certosa milanese di santa Maria Assunta in Garegnano e quello sempre con Scene della vita di san Bruno e Scene della vita di Cristo nella Certosa di Pavia, completato sulla base dei suoi disegni dopo la sua morte prematura, poco più che trentenne, a Milano nel corso della peste del 1630.
Oltre che pittore di arte sacra, Daniele Crespi fu anche un grande ritrattista, autore di quadri da stanza per una committenza raffinata ed eccellente quanto prolifico disegnatore.
La grande importanza storica della sua opera sta soprattutto nell’essere questa punto altissimo di sintesi fra il barocco emiliano e quello lombardo, il che ci riconduce ancora all’ambito di Giulio Cesare Procaccini con il quale viene spesso tuttora confuso. La recente mostra a lui dedicata nel 2006 a Busto Arsizio è stata, in questo senso, una tappa decisiva verso una messa a punto del suo catalogo e la definizione del suo autonomo profilo stilistico.
Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, (1795-1796), ed. 1809, a cura di Mario Cappucci, Firenze, Sansoni, 1970, II; G. Bora, Crespi, Daniele, in Dizionario Biografico degli Italiani, 30, Roma, Istituto Poligrafico delloStato, (con bibliografia precedente); Marco Bona Castellotti, La pittura lombarda del ‘600, Milano, 1985; Nancy Ward Neilson, Crespi, Daniele, in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di Mina Gregori e Erich Schleier, Milano, Electa, 1989, II; Maria Cristina Terzaghi, Daniele Crespi, in Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo, a cura di Mina Gregori, Milano Cariplo,1999; Andrea Spiriti (a cura di), Daniele Crespi, un grande pittore del Seicento lombardo, catalogo della mostra di Busto Arsizio, Cinisello Balsamo (Mi), SilvanaEditoriale, 2006 (con esauriente bibliografia).