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Angelo Vaninetti

(Regoledo di Cosio 1924 - Regoledo di Cosio 1997)

Artista valtellinese

Biografia

Angelo Vaninetti è nato nel 1924 a Regoledo di Cosio (Sondrio) dove ha sempre vissuto e lavorato. Figlio di un contadino tornato in Valtellina dopo trent’anni di emigrazione in America e rimasto a dodici anni orfano della madre che ne aveva saputo temperare il carattere estroso e ribelle, Vaninetti ha trascorso gran parte della propria adolescenza in collegio, da cui è uscito col diploma di geometra nel pieno della Seconda guerra mondiale. Renitente alla leva, viene imprigionato e deportato in Germania in campo di concentramento, da cui tornerà solo alla fine della guerra. A segnare una svolta nella sua vita, è l’incontro e il matrimonio, nel 1950, con una giovane professoressa di lettere di Tirano, Armida Righini, donna di acuta intelligenza e di raffinata preparazione culturale, che per prima ne intuì il temperamento d’artista dandogli coscienza dei propri mezzi e incitandolo a proseguire e affinare la propria preparazione fino al conseguimento della maturità al liceo Artistico di Brera a Milano, che gli dischiuderà le porte dell’insegnamento di disegno e storia dell’arte nelle scuole. A partire dai primi paesaggi degli anni Quaranta, la sua pittura si precisa sempre più entro quella poetica dell’umile e quella dimensione stilistica di primitivismo espressionista che ne caratterizzerà l’intero percorso e che gli attirerà anche l’attenzione di artisti e intellettuali di rilievo internazionale, fra cui Alberto Giacometti, Wolfgang Hildesheimer, che Vaninetti conosce a Poschiavo grazie a Padre Camillo de Piaz, e lo scultore Mario Negri con cui condividerà una lunga amicizia. Con i primi riconoscimenti, arrivano così anche le partecipazioni alla Biennale di Milano e alla Mostra contemporanea d’arte moderna a Roma dove nel 1966 Vaninetti espone con un’importante presentazione in catalogo di Wolfgang Hildesheimer, che resta ancora oggi una delle più acute letture critiche della sua opera. Seguono una serie di mostre in Italia e soprattutto all’estero, a Zurigo, a Monaco, a Düsseldorf e a Salisburgo nel 1972 e ancora nel 1975, un anno dopo la scomparsa della moglie, con una densa presentazione critica di Walter Birnbaum dell’Università di  Monaco.

Quando nel 1975 torna a esporre a Sondrio, al palazzo del Governo, dove non ha mai smesso di presentare annualmente la sua produzione, è ormai un artista affermato anche sul piano internazionale  e sulla sua opera si è sempre più concentrato l'interesse di alcuni fra i maggiori critici e letterati italiani, da Leonardo Borgese a Raffaele De Grada, da Enzo Fabiani a Nazareno Fabbretti e a Luigi Santucci, che ne hanno appprofondito l’intenso significato poetico.

Alla fine del 1987 il Comune di Morbegno gli dedica una vasta antologica di 113 opere, mentre due anni dopo, nel 1989, è il Comune di Milano a rendergli omaggio con una rassegna curata da Raffaele De Grada al Museo di Milano.

Vaninetti sente morandianamente la poesia del semplice edell'antico. Le sue ciotole, i suoi candelieri, le sue porte ostinatamente chiuse, le sue finestre, i suoi muri condensano straordinaruamente in sé l'essenza umana dellaa vita e del mondo di cui sono muti testimoni. Non c'è nostalgia in questa pittura, perché quel mondo Vaninetti lo sente ancora vivo. Non c'è l'uomo nelle sue tele, perchè le cose sono esse stesse profondamente umane, sono "personaggi", come notò già acutamente Alberto Giacometti, "persone antiche che vivono ancora".

Nella Valtellina degli anni Sessanta, dove il rapido diffondersi della moderna economia industriale e dei servizi rischia di cancellare i segni del mondo contadino-montanaro tradizionale, Vaninetti non si rassegna alla sua scomparsa e tenta di sottrarlo per sempre alla consunzione del tempo fissandolo sulla tela, dandogli cioè una nuova vita nella sua pittura. 

Quella sua particolare religio per gli oggetti umili, quell’intensa pietas per le cose povere, di cui parla Walter Birnbaum, non è perciò un De profundis ma un modo per affermarne la vita al di là della morte, come mostra del resto la gamma stessa dei suoi colori sempre chiari e brillanti. Anche nei suoi girasoli, anche nei suoi gatti travolti dalle auto o nei suoi uccellini morti si avverte questo palpitante fremito di vita. In questo senso tutta la sua pittura supera l’orizzonte stesso delle cose e dei luoghi che rappresenta per attingere un significato più profondo e universale "Egli - ha scritto Hildesheimer - non dipinge paesaggi, gruppi di montagne, o villaggi, perché sa che la visione ampia, il panorama vasto ed esauriente, comunica solo una esperienza visiva e quindi superficiale, mentre il particolare, colla sua carica rappresentativa, spalanca su una dimensione più profonda. Nel riprodurre un muro, un angolo o una finestra egli riesce a creare l'immagine d'un silenzio misterioso, un microcosmo di malinconia. Con un solo candeliere o una sola bacinella bianca, non circondata d'altro che d'una magica solitudine, fa risplendere e risaltare l'elemento essenziale di tutto uno spazio." 

Pittore d'istinto, Vaninetti costruisce le sue opere con una certa rustica raffinatezza di linea e di impasto cromatico in cui si esprime una primitiva e montanara vis pittorica che è in controtendenza rispetto al cosmopolitismo dell'arte contemporanea, ma che proprio per questo appare priva di storia, ossessivamente dominata da un’interna coazione a ripetere e quindi incurante di ricerca e di evoluzione formale. 

Angelo Vaninetti è morto nel 1997 a Regoledo di Cosio, dove è sepolto accanto alla moglie Armida Vaninetti Righini, per la cui tomba Mario Negri aveva realizzato uno dei suoi più intensi Crocifissi.

Bibliografia

 

Wolfgang Hildesheimer, A. Vaninetti, presentaz. mostra di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Sondrio, Tip.Bettini, 1966; Walter Birnbaum, Sigrid Genzken, Nazareno Fabbretti, Vaninetti, Sondrio, Tip. Ramponi, 1972 (in italiano e tedesco); AA. VV., Vaninetti, antologia di testi critici con scritti di Wolfgang Hildesheimer, Nazareno Fabbretti, Lorenzo Calvi, Luigi Santucci, Piergiuseppe Magoni, Camillo De Piaz, Raffaele De Grada, Giulio Spini, Sondrio, Tip. Bettini, 1972; AA.VV., Vaninetti, con scritti di Walter Birnbaum, Nazareno Fabbretti,Wolfgang Hildesheimer, Piergiuseppe Magoni e Luigi Santucci, s.i.d., ma Sondrio, 1975 (in italiano e tedesco); Enzo Fabiani-Grytzko Mascioni, A. Vaninetti, cat. della mostra, Chiavenna, Tip. Rota, 1985; Franco Monteforte, Il demone di Vaninetti, in “Il Lavoratore valtellinese”, 17 dicembre 1986; Raffaele De Grada, Enzo Fabiani, Grytzko Mascioni, Angelo Vaninetti. Opere scelte (1974-1987), cat. della mostra, Morbegno, 1987 (con una poesia di Gisella Passarelli); Raffaele De Grada, La Valtellina di Angelo Vaninetti, cat. della mostra, Milano, Mazzotta, 1989; Franco Monteforte, Il paesaggio valtellinese dal romanticismo all’astrattismo, cat. della mostra, Milano, Mondadori Arte, 1990; Carlo Mola, Angelo Vaninetti, maestro valtellinese del Novecento, in “Notiziario della Banca Popolare di Sondrio, n.79, aprile 1999, pp.34-39; Elisabetta Sem, Angelo Vaninetti in La riscoperta di una Collezione, Sondrio, CCIAA, 2009, pp.102-103 e 169; Graziano Tognini, Angelo Vaninetti, Sondrio, Credito Valtellinese, 2016; Franco Monteforte, Tracce. Il paesaggio evocativo nell'arte valtellinese del secondo Novecento, Banca Popolare di Sondrio, 2018.

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