Zoran Music

(Gorizia 1909 - Venezia 2005)

Biografia

Zoran Music nasce a Gorizia il 12 febbraio 1909, primogenito di due figli maschi. La madre è insegnante, il padre direttore della scuola di un piccolo paesino nei dintorni della città, Bukovica, dove Zoran trascorre l’infanzia. Gorizia, era allora una tipica città mitteleuropea, parte dell’Impero austro-ungarico, al punto di confluenza della cultura italiana, slava e tedesca e delle millenarie tradizioni bizantina e mediterranea, di cui si nutrirà in continuazione l’opera di Music.

Dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, il padre viene trasferito a Volkermarkt, in Carinzia dove il giovane Zoran frequenta il liceo tedesco che concluderà a Maribor. Alla fine della guerra l’Impero austro-ungarico è dissolto, ma Music ne ha profondamente assorbito il carattere internazionale e multiculturale che ne farà un artista europeo dalle radici saldamente ancorate al paesaggio carsico e al volto multiforme della cultura goriziana. Fra il 1930 e il 1935 studia all’Accademia di Belle Arti di Zagabria, allievo di Ljuban Babic, ottenendo, infine, una borsa di studio in Spagna dove approfondisce lo studio e la conoscenza dell’opera di Velazquez, di El Greco e di Goya. Ma non per molto. La guerra civile del ’36 in Spagna, lo induce presto, infatti, a trasferirsi per qualche tempo sull’isola di Korcula (Curzola), in Dalmazia, dove prepara le sue prime mostre a Zagabria e a Lubiana che gli valgono l’incarico di decorare tre chiese a Gorizia. Nel ’43 visita, intanto, per la prima volta Trieste e Venezia, il cui fascino ne segnerà profondamente l’opera. “Là - scriverà Music - trovavo l’oriente e l’occidente così intimamente fusi dalla vecchia civiltà veneziana, che compresi come là si trovassero la mia tradizione e la mia verità”.

Proprio a Venezia, nel ’44, viene tuttavia arrestato dalla Gestapo e deportato nel campo di concentramento di Dachau per aver rifiutato di arruolarsi nelle SS. E’ il prigioniero n. 128231. Eludendo a proprio rischio i controlli, disegna freneticamente, per non restarne sopraffatto, l’orrore quotidiano dei corpi scheletriti e dei cadaveri. Duecento disegni, di cui riuscirà a salvarne solo trentacinque. Sono i disegni che nel ‘46, subito dopo la liberazione ad opera degli americani, mostrerà per la prima volta a Venezia a Ida Cadorin, l’artista che gli presta il suo studio e che ne diverrà l’inseparabile compagna nel cui volto e nella cui figura Music cercherà, in infinite variazioni, l’essenza stessa dell’umano.

A Venezia, in quegli anni, Music viene accolto con grande favore negli ambienti artistici e culturali della città. Il musicista Francesco Malipiero gli mette a disposizione uno studio a palazzo Pisani e Massimo Campigli si adopererà per favorirne la partecipazione alla Biennale del ’48 e a quella del ’50 che gli schiude le porte di Parigi, dove l’artista si trasferisce con la moglie Ida nel ’52 quando gli viene allestita una mostra alla Galerie de France, seguita da quelle di New York, di Londra, di Milano e di Roma.

Nel ’64 a Basilea Music espone alcuni disegni sui campi di concentramento, fra cui dieci di quelli eseguiti a Dachau. L’esperienza terribile dei campi di concentramento si è profondamente sedimentata nel suo animo e riemerge intatta e dolorosa alla sua coscienza d’artista. Inizia così per Music una discesa agli inferi di se stesso e della propria memoria da cui nasce lo straordinario ciclo di disegni “Non siamo gli ultimi”. Se l’espressionismo ispido dei corpi macerati di Schiele, Kathe Kollwitz o di Kokoschka, era stato il profetico annuncio della immane tragedia nazista, quello altrettanto ispido di Music ne diventa nel ’70 la straziata testimonianza, una delle più alte sull’Olocausto in tutta l’arte del ‘900.

Oggi quei disegni sono disseminati fra diverse collezioni pubbliche a Parigi, a Oslo, a Monaco di Baviera, a Gerusalemme, a Venezia che nel ’74 gli dedica una grande personale alla Fondazione Querini Stampalia, curata da Giuseppe Mazzariol, autore nell’80 di un’importante monografia sull’artista. La grande antologica del ’95 al Grand Palais di Parigi, curata da Jean Clair, segna la sua definitiva consacrazione come uno dei massimi artisti del ‘900. Alla mostra parigina seguiranno quella altrettanto importante del ’97 a Francoforte, dove viene esposta l’intera sua opera dal ’45 in poi e quella, a cura di Marco Goldin, che gli dedicherà la sua città natale, Gorizia nel 2003 due anni prima della morte il 26 maggio 2005 a Venezia. Queste ultime tre mostre, soprattutto, ne mettono in rilievo i temi fondamentali, dai Cavallini di fattura quasi naïf della prima produzione, ai motivi dalmati degli anni ’50, alla moglie Ida, ai ricordi di prigionia nell’inferno di Dachau, a Venezia, ai paesaggi collinari umbri e toscani assimilati al paesaggio carsico goriziano. Tutti questi motivi trovano la loro più profonda unità in quello che l’artista stesso ha definito “il mio tema familiare, fatale e quasi ossessivo”, vale a dire la ricerca dell’essenza intima della realtà, perseguita attraverso una forma quasi svuotata, priva di peso, un’apparenza aureolata di ombra e di luce, impreziosita talora da gemme di colore o ferita da striature profonde, una forma, insomma, dove l’eterea e stilizzata fissità della tradizione bizantina e orientale, si fonde con l’espressività propria della tradizione artistica occidentale.

Bibliografia

Jean Bouret, Music, cat. della mostra di Parigi, Galerie de France, Centre d’Art italien, Parigi, 1952; Giuseppe Marchiori-René de Solier, Music, cat. della mostra di Roma, Galleria dell’Obelisco, Roma, 1955; Music, Non siamo gli ultimi, Galerie de France, Parigi, 1970, con testo di William Sandberg; Giuseppe Mazzariol, Music, cat. della mostra di Venezia, Fondazione Querini Stampalia, Venezia,1974; Giuseppe Mazzariol, Music, cat. della mostra di Ferrara, Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1978; Giuseppe Mazzariol-Jean Laymarie, Music, cat. della retrospettiva di Venezia, Museo Correr, Venezia, 1985; Jean Clair (a cura di), Zoran Music, cat. della mostra di Parigi, Grand Palais, Parigi, 1995; Sabina Schulze, Zoran Music, cat. della mostra di Francoforte, Schirn Kunsthalle, Frankfurt,1997; Marco Goldin (a cura di), Music, cat. della mostra di Gorizia, Palazzo Attems, La Linea d’ombra, 2003; La barbarie ordinaire - Music a Dachau, Parigi, Gallimard, 2001; Bernard Blatter (a cura di), Zoran Music, cat. della mostra di Vevey, Musée Jenisch, 2003; Zoran Music, Catalogue des gravures et lithographies, Notices de Hervé Bordas, Galerie Bordas, Venise 2004; Jean Clair (a cura di), Zoran Music, cat. della mostra di Venezia, Centro espositivo sloveno, Venezia, 2006; Pasquali, Marilena, Zoran Music. L'opera su carta, Noèdizioni, Firenze, 2007; Daniele D'Anza (a cura di), Zoran Music a Cortina. Il ciclo naturalistico della vita, Il ramo d'oro edizioni, Trieste, 2009.

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Opere in catalogo

  1. Colline piatte
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