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Immagine dell'opera

Sebastien Bourdon

(Montpellier 1616 - Parigi 1671)

Autoritratto

Dimensioni

cm 76,2x59,5 (ovale)

Tecnica

Olio su tela

Firma

Provenienza

Collezione privata milanese, 1986

Esposizioni

Commento

Questo notevole Autoritratto presenta ancora oggi qualche problema di attribuzione collegato alla complessa ricostruzione del catalogo di questo artista avviata solo negli ultimi decenni.

Il dipinto è entrato nella collezione della Banca Popolare di Sondrio nel 1986 con una attribuzione a Sébastien Bourdon avanzata già nel 1974 da Didier Bodart. Secondo l'autorevole storico e critico d'arte francese, i tratti stilistici della composizione (profilo di tre quarti verso destra, tipo di pennellata, ecc), ma soprattutto la puntuale rassomiglianza del volto del personaggio con quello di Sébastien Bourdon come appare nei due autoritratti oggi al Louvre e in quello inserito ne La caduta di Simon mago (dove Bourdon si raffigura nell'ultimo personaggio a destra), fanno di questo dipinto, secondo Bodart, "un'opera molto importante e del tutto autografa di questo pittore", databile intorno al 1653-1655, all'epoca cioè del suo soggiorno svedese.
Ma dei due autoritratti del Louvre assunti da Bodart a punto di riferimento per l'attribuzione, uno (cat. Villot, III, n. 49), appartenuto a Rigaud che nel 1734 se ne servì per disegnare il Ritratto di Sébastien Bourdon, è stato completato, e in parte anche ritoccato, dallo stesso Rigaud e oggi solo il volto viene, con relativa certezza, attribuito a Bourdon, mentre l'autenticità dell'altro (cat Villot, III, n. 48) - che raffigura un uomo in camicia che accarezza con la mano sinistra un busto di Caracalla posto sulle sue ginocchia - è stata ultimamente messa in dubbio, proprio sulla base delle sue caratteristiche compositive, da Jacques Thuillier, nella sua recente monografia, Sébastien Bourdon, 1616 - 1671. Catalogue critique et chronologique de l'oeuvre complet, pubblicata in occasione della grande retrospettiva sull'artista tenuta fra il luglio del 2000 e il febbraio del 2001 al Museo Fabre di Montpellier e alla Galerie de l'Ancienne Douane di Strasburgo.
Alla minuziosa ricostruzione di Thuillier, tuttavia, sembra essere sfuggita questa bella tela di Sondrio, dal momento che essa non viene presa in considerazione né nel catalogo vero e proprio dell'artista, né nella ricca sezione dedicata ai falsi e alle opere di dubbia attribuzione.
Come sostiene Bodart, quest'Autoritratto di pregevolissima fattura riporta in effetti nell'ovale della composizione, nei tratti somatici e nell'atteggiamento stesso dello sguardo rivolto verso lo spettatore, all'Autoritratto di Bourdon proveniente da Rigaud, anche se non ha nel volto la stessa intensità psicologica e la stessa penetrante vivacità dell'occhio di quest'ultimo.
Anche la presenza di un particolare architettonico come la colonna, così ricorrente nei numerosi ritratti di gentiluomini dipinti in questo stesso periodo da Bourdon, riconduce all'artista francese. Qualche dubbio, semmai, potrebbe venire solo dall'espressione un po' spenta e immalinconita del volto, così contrastante con l'atteggiamento sempre vivo e spavaldo con cui Bourdon rappresenta sé stesso. Ma questo non è un motivo sufficiente, a nostro avviso, per invalidarne l'autenticità.
Nel complesso, dunque, riteniamo fondata l'attribuzione del Bodart che avanza anche l'interrogativo che questo Autoritratto possa essere lo stesso che nel 1883 si trovava a Stafford House, a Londra. Ma si tratta solo di una supposizione fatta senza la conoscenza diretta di quest'ultimo che non risulta neppure nella catalogazione del Thuillier, a meno che non si tratti dell'Autoritratto oggi al Musèe Condé di Chantilly (cat. 1899, n. 325), appartenuto alla collezione di Alexandre Lenoir e venduto al duca di Sutherland nel 1838 (e non nel 1883) che lo possedette però solo fino al 1876, quando passò nella collezione del duca d'Aumale. Ma anche questo - che pure è un ritratto notevole - è da escludersi, per il Thuillier, che possa essere attribuito a Bourdon.

Note