(Homs, Libia 1934 - Roma 1998)
cm 135x240
Olio su tela
Acquisto diretto della banca dall’autore, 1993
L’immagine televisiva è stata ripetutamente, a partire dagli anni Settanta, al centro dell’interesse di Mario Schifano che in molte sue opere ha cercato di svelare e dissacrare il nucleo banale e conformistico del suo linguaggio che impregna ormai la nostra quotidianità. Uno degli elementi più tipici della retorica della banalità è la ripetizione ossessiva di frasi stereotipate, di cui le quotidiane previsioni meteorologiche sono forse il caso più eclatante.
In questo quadro degli inizi degli ani ’90, Schifano ci dà un esempio di straniamento e reinvenzione pittorica della banalità televisiva, costruendo un televisore (la squadrata cornice multicolore a pennellate dense e gocciolanti, come nello stile di Schifano) entro cui appare lo schermo nero su campeggiano i due globi deformati che si strappano in un punto, come se il mare e la terra indicati al loro interno dall’azzurro e dal bianco, stessero per dissolversi nel buco nero dello schermo televisivo.
I contorni dei globi riproducono e hanno l’andamento delle masse nuvolose in movimento nelle immagini meteorologiche satellitari, il bianco evoca la stagnazione della massa nuvolosa sul globo terrestre. Tutto, entro lo schermo televisivo, trasmette, insomma, un sottile senso di catastrofe, alimentato dall’inquietante buco nero che sembra voler inghiottire ogni cosa, ma, soprattutto, dalla scritta che ripete in arabo (Schifano è nato in Libia) lo stereotipo che dà il titolo al quadro e che nella sua oscura misteriosità, traduce ancor più la banalità televisiva in angoscia, assumendo, alla luce degli eventi di questi ultimi anni, un carattere quasi profetico.
Siamo, infatti, potremmo chiederci, sulla Tv italiana, europea, americana, o siamo su Al Jazeera? Per Schifano corriamo verso la catastrofe semplicemente dentro il mondo televisivo tout court, diventato ormai l’unica realtà. E queste sono le sue previsioni della meteorologia spirituale del nostro tempo.