(Meilen 1787 - Zurigo 1858)
mm. 143 x 189
Acquaforte e acquatinta in azzurro e seppia
In basso a sin.: J. J. Meyer del. – a destra: R. Bodmer sc.
La strada, inerpicandosi coi suoi tornanti sul costone della montagna al di sopra di Trafoi, allarga e avvicina il panorama sulle vette e i ghiacciai, aprendosi a sinistra sul maestoso gruppo dell’Ortler. Siamo al cospetto di quelle vette e di quella imponente natura alpina che avevamo finora visto solo da lontano, ma che si dispiega ora in tutta la sua maestosa grandiosità. Di questa grandiosità, la piccola figura del pastore in primo piano, sullo sfondo dell’imponente massiccio dell’Ortler, ci fornisce tutta la misura.
Ma accanto allo spettacolo della natura grande e incontaminata di cui avvertiamo qui tutta la potenza, c’è un'altra natura che dominiamo invece con il potere dell’intelligenza e della ragione. E’ la natura lungo cui si avvita la strada che ci consente di vincerne la verticalità e l’asprezza facendoci godere, al sicuro da ogni pericolo, quello scenario di vette e di ghiacciai altrimenti pauroso, trasformato in paesaggio, pienamente accessibile ai piaceri del sentimento e dell’immaginazione, alla nostalgia d’assoluto, all’abbandono nell’infinito.
Rispetto alla versione in bianco e nero, l’effetto dell’elaborazione in azzurro e seppia dell’immagine è molto più potente. L’azzurra atmosfera con cui le vette e i ghiacciai si staccano dal primo piano evaporando in lontananza fino a saldarsi all’azzurro del cielo, contribuisce qui magnificamente, infatti, a mettere a fuoco questa sensazione di infinito.
Piccolo e debole, l’uomo si eleva con queste idee alla grandiosità della natura, ed elevandosi la domina. Da qui quel particolare piacere e quella struggente, poetica suggestione che lo spettacolo della natura alpina suscita e che, a partire dal romanticismo, chiamiamo sublime.
Anche in questo caso la veduta di Meyer trova una sorta di contrappunto letterario in ciò che scrive trent’anni dopo Splendiano Morselli osservando questo stesso paesaggio: “Non è già che la natura vista dall’alto si offra meglio all’osservatore …. Ma il sentimento n’è più eccitato che non l’intelligenza: profonde emozioni colpiscono anche i men disposti in faccia al gigantesco, al deserto, all’infinito; un piacere tutto speciale prova chi da un altura abbracciò le cento diramazioni delle creste d’una catena, l’alternarsi delle roccie porfiritiche, delle nevi immacolate, delle brune pinete; infine quel silenzio, quell’immobilità, che pare inattingibile ai secoli, alle stagioni, alle vicende umane, fa uno strano distacco dalla vita attuale e abituale, che ci appar come un ricordo lontano,[…] una visione di reminiscenze.
Le impressioni materiali par che aiutino questi godimenti, il corpo è più leggiero, […] pieno il sentimento della propria esistenza, del dominio sopra la natura primitiva, della qual par di comprendere il linguaggio. Più vicini alla stanza di Dio quanto più si è lontani da quella degli uomini”. (Splendiano Morselli, La Valtellina, lo Stelvio, in Cesare Cantù, Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, 1859)