(Tempio Pausania, Sassari 1899 - Torino 1979)
cm 69x98
Olio su tela
Firmato in basso a destra: Menzio
Commissione diretta della banca all’artista nel 1959
1990, Sondrio, Palazzo del Governo, Il paesaggio valtellinese dal Romanticismo all'Astrattismo, n. 47.
E’ un paesaggio apparentemente spoglio, ma in realtà ricchissimo di particolari questo di Menzio: la riva, i ciottoli e la vegetazione fluviale in primo piano, l’ampio conoide di deiezione al centro della composizione, di fronte al profilo del paese che si intravede a sinistra sopra i terrazzi coltivati, la poderosa massa grigia delle due montagne che si ergono come due morbide mammelle al di là delle quali si apre ancora un orizzonte di montagne con piccole striature di ghiaccio. L’artista piemontese sa occultare come pochi l’acribìa descrittiva sotto l’apparente nitore della propria aristocratica essenzialità emotiva. Nella sinuosa linearità con cui si distende il colore e nella grigia velatura che smorza e rende coerenti i trapassi tonali, regna armonia e malinconia. E’ un paesaggio senza cielo questo di Menzio, ma il cielo è come interiorizzato nelle azzurrognole tonalità che vi prevalgono.
“Menzio – ha scritto Guido Ballo – è monodico, penetrante, interiore senza esser spettrale: ama le modulazioni delle pause, i grigi sommessi, ma sonori, i timbri nitidi ma sempre in sordina” (G. Ballo, La linea dell’arte italiana), tutte caratteristiche che si ritrovano in questa raffinata composizione in cui le larghe campiture di colore fantastico riportano alle pittura dei Fauves, il netto contornamento dei volumi scomposti richiama la lezione di Cézanne.
Ma il pittore sardo, torinese d'adozione, guarda con altrettanto interesse alla tradizione della pittura paesistica piemontese dell'Ottocento. I grigi della montagna, ad esempio, sono chiaramente appresi da Delleani, mentre la scelta di pochi e poderosi elementi per descrivere il paesaggio di montagna deriva dall’influenza di Fontanesi.