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Immagine dell'opera

Nino Lupica

(Scordia (CT) 1938 - vivente )

Una moltitudine di ammalati

Dimensioni

mm.290 x 340

Tecnica

Serigrafia acquarellata a mano

Firma

Lupica \'84

Provenienza

Esposizioni

Commento

Renzo si è appena riavuto dalla scena della madre di Cecilia che consegna il corpicino di sua figlia al monatto, una delle scene più toccanti e commoventi di tutto il romanzo. Ed ecco che si imbatte nella moltitudine dolente degli appestati.

L’equivalenza poetica della descrizione manzoniana e dell’immagine di Lupica è qui straordinaria.

Il colore di Lupica ora non grida, ma si acquieta e si fa sommesso e flebile nella sfumata delicatezza del celeste e del rosa, come flebile e sommesso è  il lamento degli ammalati. La linea espressionistica del disegno corre spezzata contornando i corpi e aderendo pienamente al loro doloroso ripiegarsi l’uno sull’altro. L’energia immaginativa di Lupica si concentra qui potentemente sulla sofferenza e va, al di là dell’episodio, a estrarre dalla scena tutto il suo valore universale e simbolico: la compassione fra gli uomini che si genera nel dolore.

 

 

I Promessi Sposi, cap. XXXIV, ed. 1840

Riavuto da quella commozione straordinaria, e mentre cercava di tirarsi in mente l’itinerario per trovare se alla prima strada deve voltare, e se a diritta o a mancina, sente anche da questa venire un altro e diverso strepito, un suono confuso di grida imperiose, di fiochi lamenti, un pianger di donne, un mugolío di fanciulli.

Andò avanti, con in cuore quella solita trista e oscura aspettativa. Arrivato al crocicchio, vide da una parte una moltitudine confusa che s’avanzava, e si fermò lí, per lasciarla passare. Erano ammalati che venivan condotti al lazzaretto; alcuni, spinti a forza, resistevano in vano,  in vano gridavano che volevan morire nel loro letto, e rispondevano con inutili imprecazioni alle bestemmie e ai comandi de’ monatti che li guidavano; altri che camminavano in silenzio, senza mostrar dolore, nè alcun altro sentimento, come insensati;

Note