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Immagine dell'opera

Carlo Ceresa

(S. Giovanni Bianco/Bergamo 1609 - Bergamo 1679)

Ritratto di giovane gentiluomo

Dimensioni

cm 54x46

Tecnica

Olio su tela

Firma

Provenienza

Acquisto, 1986

Esposizioni

Commento

L'opera è entrata a far parte delle collezioni della Banca Popolare di Sondrio nel 1986, con una attribuzione a Carlo Ceresa e un titolo che la indicava come un possibile autoritratto.

Se l'attribuzione al Ceresa resta, ancor oggi, plausibile, è, invece, da escludere che possa trattarsi di un autoritratto dell'artista bergamasco.

L'unico autoritratto di cui si ha notizia, infatti, è l'autoritratto da vecchio, presente, ancora nel 1790, nella collezione del bergamasco conte Giacomo Carrara, che nelle sue “Giunte” alle “Vite dei pittori bergamaschi” di Francesco Maria Tassi ce ne ha lasciato anche una dettagliata descrizione. Il quadro, scrive il Carrara, è “dipinto da lui medesimo a mezza vita in età di circa settant'anni, in abito oscuro, con collare a bardelle all'ago [cioè: all'uso, n.d.r] di que tempi, e con capelli del tutto canuti ed incolti, tenente il capello [sic!] con la sinistra mano, e con la destra indicante una statuetta di gesso, il tutto espresso con la solita sua maniera”. Sempre il Carrara ci informa che esistevano a quel tempo solo altri due ritratti del Ceresa, opera però del figlio Giuseppe, il primo “in età di circa cinquant'anni […] rappresenta la sola testa coll'indicato collare. […] L'altro dipinto dal istesso Giuseppe di circa eguale grandezza con simile colare, e con capelli che principiano a incanutire indicante poco meno di anni sessant'anni”. Oggi, sia l'autoritratto da vecchio, sia i due ritratti dovuti al figlio Giuseppe, risultano dispersi, ma, stando all'accurata descrizione che ce ne dà il Carrara, in nessun caso essi possono essere identificati con questo ritratto di giovane gentiluomo, in cui pure è possibile riconoscere lo stile e la mano del Ceresa. Si tratta dunque di un inedito dell'artista di S. Giovanni Bianco, che viene ad arricchire il già folto catalogo della sua opera messo a punto nel 1984 da Luisa Vertova.

Com'è tipico dei ritratti a mezzo busto del Ceresa, la severa austerità dell'abito e la neutralità dello sfondo, focalizza tutta l'attenzione sul volto incorniciato dalla folta e mossa capigliatura che scende fino alle spalle e descritto con semplice e vivo naturalismo. La posa leggermente di sbieco, lasciando il volto per metà in ombra, contribuisce a esaltare la luminosa vivacità dello sguardo e la giovanile levigatezza della pelle mettendo in rilievo il perfetto disegno dell'occhio, del naso, del mento e delle labbra che sembrano schiudersi a un leggero sorriso e sopra cui si indovinano i segni dei futuri baffetti.

Come ha notato Luisa Verteva, in Ceresa “non è lo sfarzo dell'abito a dare valore ai suoi ritratti, bensì un'inquietante capacità diagnostica - quasi da medico o confessore - che gli permette di percepire il temperamento e il carattere” della persona raffigurata “con una semplicità disarmante”.

Il ritratto va, a mio avviso, datato tra la fine degli anni '40 e i primi anni '50, quando più forte appare nel Ceresa l'influenza della ritrattistica spagnola - da lui probabilmente conosciuta attraverso la frequentazione di pittori dell'area milanese e cremonese - e di Velazquez, dei cui ritratti del 1624-1630 Ceresa ebbe forse conoscenza diretta sempre a Milano.

Note