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Titolo dell'opera:

Madre di Dio di Vladimir (XIX sec)

Autore:

Iconista russo del XIX secolo

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Dimensioni:

cm. 27,5 x 22

Tecnica:

Tempera su tavola

Stile:

Icona russa

Provenienza:

Collezione Barbara Marzyńska Biel-Owa, 1993

Madre di Dio di Vladimir (XIX sec)

La Madre di Dio Eléusa (misericordiosa), detta anche della Tenerezza, è una delle tre tradizionali tipologie di rappresentazione della Vergine nelle icone medievali, insieme alla Madre di Dio Odigítria,  Colei che che indica la via, e alla Madre di Dio Panagìa (tutta Santa), in atteggiamento orante.
Nella Madre di Dio della Tenerezza è la particolare dolcezza dello sguardo e dell’abbraccio tra la Vergine e il Figlio che culmina nel delicato accostamento delle guance il motivo iconografico distintivo, che simboleggia la profondità dell’amore divino. 
Una delle varianti della Madre di Dio della Tenerezza è l’icona bizantina della Madre di Dio di Vladimir, portata in Russia da Costantinopoli nel 1131, collocata nel 1155 dal principe di Kiev nella cattedrale della Dormizione della città di Vladimir, da cui deriva il nome, e oggi alla Galleria Tret’jakov di Mosca. Ad essa si ispira questa icona, se non nei colori, almeno parzialmente nell’impianto iconografico. Il Bambino si stringe alla Madre accostando con dolcezza il suo volto a quello di lei  e allungando sul suo petto la destra, quasi a volerne abbracciare tutta la figura, immagine dell'abbraccio di Cristo alla sua Chiesa. La Vergine ha l'espressione allo stesso tempo tenera, per l'abbraccio del figlio, e mesta, perchè preavverte la passione connessa alla sua stessa missione redentrice.
Qui l’immagine è dipinta con tecnica tradizionale a tempera su tavola, sopra l’intonaco di gesso (levkas) su cui è disteso un sottile strato d’argento puro, inciso con un motivo ornamentale damascato.  Le aureole applicate sono cesellate e dorate, mentre il bordo riquadrato più scuro, che funge da cornice, serve a separare la terra dal cielo, dove la luce è più brillante. Allo stesso scopo obbedisce la sfascia scura che taglia in modo irregolare orizzontalmente l’immagine, simbolo forse del braccio orizzontale della Croce alle cui estremità è incisa un’iscrizione che forse vuole richiamare quella riportata sulla Croce raffigurata sul retro dell’icona bizantina originale di Vladimir, IC XC – NIKA, cioè Gesù Cristo vincitore.
La Vergine sorregge il Bambino con il braccio destro, mentre con la mano sinistra ne indica la figura, partecipando così anche dell’iconografia tipica della Madre di Dio Odigìtria, Colei che indica la via. Il suo maphorion è rosso, simbolo di regalità, foderato di verde-blu, simbolo di umanità ed è orlato di un prezioso nastro di gemme dipinte. La sua figura, come quella più mossa del Bambino, non è perfettamente frontale, ma leggermente roteata in modo da far risaltare il grande smeraldo incastonato al centro della stella sulla manica del maphorion che, insieme a quella sul capo, ne simboleggia la verginità e la purezza.
Il minuto orlo di vere pietre di fiume che sagoma la figura della Vergine e del Bambino fino alla base dei volti, ne rinsalda, con raffinata sottolineatura, il tenero abbraccio. Proprio quest’ultimo tratto decorativo, peraltro, fa ritenere che l’icona possa essere uscita da uno di quei centri come Kostroma o Romanovo, dove nei primi decenni dell’Ottocento venivano riscoperte queste forme decorative tradizionali delle antiche icone da tempo cadute in disuso.
Per gli altri particolari dell’iconografia si veda la scheda dedicata all’altra icona della Madre di Dio di Vladimir presente nella collezione della Bps e alla relativa voce nel Glossario.

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