Veduta dell'Ospital Grande (1790)
(Milano 1745 - Milano 1831)
mm. 455 x 642
Acquaforte e bulino
Classicismo settecentesco lombardo
A destra sotto il riquadro: Dom Aspar Disegnò. ed incise 1790
Ristampa Vallardi, 1808 con il titolo Veduta dell’Ospital Grande
A destra sotto il riquadro: Dom Aspar Disegnò. ed incise 1790
In basso al centro sotto il titolo:Milano presso li Frat. Vallardi S. Margerita (sic) N. 1101
Paolo Arrigoni (a cura di), Milano nelle vecchie stampe, vol I, Le vedute, Milano, Cariplo, 1969, p. 37, ill. n. 129/11;
Gastone Cambin, Domenico e Carlo Aspari incisori e architetti olivonesi, Lugano, Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali e artistiche, 1972, tav. n. 18, partt. nn. 19-21;
Milano nelle incisioni di Domenico Aspari e Gasparo Galliari, a cura di Pantaleo di Marzo, testi di Anita Mercuri, Milano, Cooperativa editoriale “Gli Sfidanti”, 1988, tav. XI, p. 54, partt. pp. 55 e 57;
Rebecca Carnevali, Le Vedute di Milano di Domenico Aspari , in “Grafica d’arte, rivista di storia dell’incisione antica e moderna”, n. 1, gennaio-marzo 1990, p. 14, ill. n.8;
La Milano di Giuseppe Parini nelle vedute di Domenico Aspari (1786-1792), introd. di Guido Bezzola, Milano, Il Polifilo, 1999, tav. XI
Franco Monteforte, Milano e la Lombardia pittoresca del primo Ottocento, Sondrio, Banca Popolare di Sondrio, 2011.
E’ questa una delle più belle e animate vedute di Milano dell’Aspari per il perfetto equilibrio che vi si realizza tra la scena sociale rappresentata e il grande complesso architettonico che dà il nome alla composizione.
Costruito su progetto del Filarete tra il 1457 e il 1465 e portato a termine nella prima metà del ‘600, insieme alla facciata e ad altri edifici della piazza, dal milanese Francesco Maria Richini, il grande ospedale - la Ca’ Granda, come venne chiamato - oggi sede dell’Università Statale, resta uno dei simboli della Milano sforzesca.
Aspari lo raffigura non come semplice architettura, ma come elemento della vita sociale cittadina. L’architettura domina la parte centrale della composizione, lasciando il primo piano alla rappresentazione della vita che le dà senso urbano e sociale. Vi si vede la processione di dolore dei carri e delle portantine a cabina o a sedia che trasportano i malati e i moribondi verso l’ingresso, incrociando il traffico delle carrozze sulla piazza. L’ombra in primo piano avvolge il gruppo del capomastro, dell’architetto e del religioso che discutono sulla fabbrica dell’ospedale (alla fine del ‘700 era ancora aperto il cantiere per il suo ulteriore ampliamento), mentre sulla lastra alle loro spalle si legge la committenza dell’edificio da parte dei duchi di Milano, Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Si viene così a creare un collegamento tra il presente e il passato, tra l’architettura della piazza e le sue radici storiche che l’ombra stacca e mette quasi in parentesi rispetto alla scena architettonica e urbana contemporanea che si dispiega, invece, alla luce del sole.
Da notare anche il piccolo balcone con le persone avvolte nell’ombra che, sulla destra, si stacca a metà del profilo murario in ombra di un palazzo, spezzandone e animandone l’altrimenti buia e insignificante monotonia. Questa sorta di cornice scura che disegna sulla destra tutta la scena in ombra, ha peraltro la funzione di esaltare e quasi proiettare luminosità per contrasto sulla piazza e l’imponente edificio che la chiude.
Il Titolo didascalico originario Veduta dell’Ospitale Maggiore fatto fabbricare da Francesco IV. Sforza Duca di Milano l’anno 1456. Disegno di Filarete Fiorentino, e proseguito da Francesco Maria Righini Architetto Milanese, viene al solito semplificato nell’edizione Vallardi del 1808.