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Titolo dell'opera:

I Promessi Sposi: Il rapimento di Lucia (1830-1831)

Autore:

Domenico Landini

(Parma 1783 - Milano 1835)

Dimensioni:

mm. 300 x 410 (parte figurata)

Tecnica:

Acquatinta

Stile:

Romanticismo

Firma:

Landini inc.

Note:

Sunto didascalico dell'episodio sotto l'immagine

 

Lucia assalita dai Bravi e condotta in casa dell’Innominato

Padre Cristoforo avendo intesa la trama per rubar Lucia, la fa condurre a Monza nel Monastero della Signora. Ma Dn Rodrigo trovò il mezzo di sedurre la priora, e Lucia dopo é tradita. Un giorno d’intesa con  Dn Rodrigo, le diede un biglietto di portare in un Convento e quando fu sulla strada insegnata dalla priora fu assalita dai bravi, messa in carrozza e condotta a casa dell’Innominato.

I Promessi Sposi: Il rapimento di Lucia (1830-1831)

 

Scolasticamente abbastanza fedele alla descrizione che dell’episodio fa il Manzoni, la scena appare, tuttavia, priva di interna forza dinamica nelle figure e nei volti dei personaggi, la cui espressione resta fredda e convenzionale, priva di carica di concitazione e di carica emotiva. Lucia, ad esempio, sembra un corpo privo di peso fra le braccia del Nibbio che la tiene afferrata senza apparente sforzo e senza avvertire i contraccolpi del suo divincolarsi, come, del resto, anche il bravo che sulla carrozza la riceve in consegna.    

 

 

I Promessi Sposi,  cap. XX,  ed. 1827

Lucia partí.

Passò inosservata la porta del chiostro, prese la via cogli  occhi bassi, rasente il muro; […]  Quella strada era, ed è tuttavia, […] come una specie di volta. Lucia, entrandovi, e vedendola affatto solitaria, sentí crescere la paura, e studiava il passo; ma dopo un picciol tratto, si rincorò alquanto, allo scorgere una carrozza da viaggio ferma, e presso a quella,  dinanzi allo sportello aperto, due viaggiatori che guardavano di qua e di là, come incerti del cammino. […] «quella giovane, sapreste voi insegnarci la strada di Monza?»

«Andando di lí, sono voltati a rovescio,» rispondeva la poveretta: «Monza è per di qua …» e si volgeva per indicare col dito, quando l’altro compagno (era il Nibbio), afferrandola d’improvviso attraverso la vita, l’alzo da terra. Lucia girò la testa indietro atterrita, e gettò un grido; il malandrino la caccio per forza nella carrozza: uno che vi stava seduto nel fondo di sopra, la prese e la ficco, divincolantesi invano e stridente, a sedere dirimpetto a sè: un altro, mettendole un fazzoletto sulla bocca, le chiuse in gola il grido. In tanto il Nibbio si cacciò in furia anch’egli nella carrozza: lo sportello si chiuse, e la carrozza partí di carriera.

 

 

I Promessi Sposi,  cap. XX,   ed. 1840

Lucia partí.

Passò inosservata la porta del chiostro, prese la strada, con gli occhi bassi, rasente al muro; […]  Quella strada era, ed è tutt’ora, […] una specie di volta. Lucia, entrandovi, e vedendola affatto solitaria, sentí crescere la paura, e allungava il passo; ma poco dopo si rincorò alquanto, nel vedere una carrozza da viaggio ferma, e accanto a quella,  davanti allo sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua e in là, come incerti della strada. […] «quella giovine, ci sapreste insegnar  la strada di Monza?»

«Andando di lí, vanno a rovescio,» rispondeva la poverina: «Monza è di qua …» e si voltava, per accennar col dito, quando l’altro compagno (era il Nibbio), afferrandola d’improvviso per la vita, l’alzo da terra. Lucia girò la testa indietro atterrita, e caccio un urlo; il malandrino la mise per forza nella carrozza: uno che stava a sedere davanti, la prese e la caccio, per quanto lei si divincolasse e stridesse, a sedere dirimpetto a sè: un altro, mettendole un fazzoletto alla bocca, le chiuse il grido in gola. In tanto il Nibbio entrò presto presto anche lui nella carrozza: lo sportello si chiuse, e la carrozza partí di carriera.

 

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