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Titolo dell'opera:

Tarquinio e Lucrezia

Autore:

Tintoretto - Jacopo Robusti (?)

(Venezia 1519 - Venezia 1594)

Dimensioni:

cm 85,5x101,5

Tecnica:

Olio su tela

Stile:

Manierismo veneziano

Provenienza:

Acquisto da collezione privata milanese, 1986

Esposizioni:

Monaco, Neue Pinakothek, Sammlung Schloss Rohoncz, 1930, n. 320; Londra, National Gallery, From Van Eyck to Tiepolo, 1961, n. 106

Bibliografia

Catalogo Sammlung Schloss Rohoncz, Monaco 1930, n, 320; W. Suida, Die italienischen Bilder der Sammlung Schloss Rohoncz, in "Belvedere", IX, 1930, p. 178, fig. 118; A.L. Mayer, Die Ausstellung der Sammlung 'Schloss Rohoncz' in der Neuen Pinakothek, in "Pantheon", VI, 1930, p. 316; R. van Marle, I quadri italiani della raccolta del Castello Rohoncz, in "Dedalo", XI, 1931, p. 1382; Catalogo Sammlung Schloss Rohoncz, Lugano, 1937, n. 417, pl. 222; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, London, 1957, I, p. 174; Catalogo Sammlung Schloss Rohoncz, Lugano, 1958, n. 417; Ph. Hendy, Some Italian Renaissance-Pictures in the Thissen-Bornemisza Collection, Lugano 1964, p. 125, illus. p. 123; Chr. Salm-Ch. Sterling-R. Heinemann, The Thyssen-Bornemisza Collection. Catalogue of Paintings, Lugano, 1969, n. 304, illustrazione al vol. II, n. 260; R. Pallucchini-P. Rossi, Tintoretto. Le opere sacre e profane, Milano, 1984, A54; R.Pallucchini - P.Rossi, Tintoretto. L'opera completa, Milano, 1994, p. 246.

Tarquinio e Lucrezia

Il dipinto è entrato a far parte della collezione della Banca Popolare di Sondrio nel 1986 con un’attribuzione al Tintoretto fondata sul prestigioso pedigree della sua provenienza. L’opera, infatti, era stata acquistata prima del 1930 dal barone Thyssen-Bornemisza per la sua celebre collezione, direttamente dalla famiglia reale degli Asburgo cui era sempre appartenuta. Era stata quindi esposta nel 1930 alla Neue Pinakothek di Monaco e, nel 1961, alla National Gallery di Londra sempre con un’attribuzione al Tintoretto. Negli anni Settanta era poi passata in una collezione privata milanese da cui, infine, è stata acquistata dalla Banca Popolare di Sondrio.

Al momento dell’acquisto, tuttavia, la sua attribuzione al Tintoretto era stata già seriamente messa in forse dalla prima analisi critica dell’opera del grande artista veneziano, condotta da Rodolfo Pallucchini e Paola Rossi, inclini ad attribuire la tela piuttosto a Palma il Giovane (1548-1628). Secondo i due studiosi, infatti, “Il suo stile - in cui in questo caso lo stimolo tintorettiano si fonde con quello tizianesco avvertibile anche nel paesaggio - si palesa nella costruzione realizzata con morbide masse plastiche della figura affine, ad esempio, nella sua stessa sensuale esuberanza, alla Lucrezia della Gemäldegallerie di Kassel.”

Non è certo questa la sede per discutere una nuova attribuzione del dipinto - che i numerosi rifacimenti e le ridipinture cui è stato sottoposto nel tempo, oltre che il pessimo stato della sua conservazione, rendono oltremodo problematica - ma l’attribuzione a Palma il Giovane è sicuramente più convincente di quella al Tintoretto, per l’affinità stilistica e di impianto compositivo che riconducono all’artista veneziano della generazione successiva a quella del Tintoretto.

La scena nella sua violenta sensualità, si rifà al noto episodio della patrizia romana Lucrezia, sposa di Tarquinio Collatino, cugino di Tarquinio il Superbo, violentata da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo, per dimostrare che la donna non era la più virtuosa delle mogli come sostenevano gli altri suoi fratelli. Lucrezia dopo la violenza, per sfuggire al disonore, si suicidò, innescando quella sollevazione popolare che costrinse Tarquinio il Superbo, ultimo re etrusco di Roma, all’esilio. Nell’episodio gli storici hanno sempre visto adombrato il violento passaggio dalla monarchia alla repubblica nella Roma del VI secolo a.C.

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