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Titolo dell'opera:

Albergo alla confluenza tra il Passo dello Stelvio e il Passo di Bormio (1831)

Autore:

Johann Jakob Meyer

(Meilen 1787 - Zurigo 1858)

Dimensioni:

mm. 143 x 201

Tecnica:

Acquaforte e acquatinta

Stile:

Romanticismo

Firma:

In basso a sin.: J. J. Meyer del. – a destra: R. Bodmer sc.

Note:

Dall’album  Mahlerische Reise auf der neuen Kunst-Strasse  aus dem Etschthal in Tyrol über das Stilfser-Joch durch das Veltlin längs dem Comersee nach Mayland (Viaggio pittoresco sulla nuova strada dalla valle dell’Adige in Tirolo attraverso il Passo dello Stelvio e la Valtellina, lungo il lago di Como fino a Milano), Zurigo, 1831, tav. 8

Bibliografia

La Strada dello Stelvio nelle immagini disegnate e incise da J. J. Meyer, Quadrio Curzio ed., Milano-Tirano, 1992; Donato Perego - Melania Riva (a cura di), Viaggio Pittoresco in Valtellina e lungo il Lario orientale. La serie completa delle trentasei incisioni realizzate nel 1831 a Zurigo da Johann Jakob Meyer, Stamperia, Lecco, 1995; J. J. Meyer, Voyage pittoresque sur la Nouvelle Route depuis Glurns en Tyrol par le Col de stilfs (Passo di Stelvio) par la Valteline, le long du lac de Come jusqu’à Milan, (riproduzione integrale dell’album col frontespizio in francese, le 36 acquatinte nella versione a colori e la carta stradale del Keller ), Credito Valtellinese, Sondrio, 2005; Franco Monteforte (a cura di), Johann Jakob Meyer, Viaggio pittoresco attraverso lo Stelvio (1831). Romanticismo ed estetica del sublime nell’età del Grand Tour, Banca Popolare di Sondrio, 2015.   

Albergo alla confluenza tra il Passo dello Stelvio e il Passo di Bormio (1831)

Nel 1831 sul Passo dello Stelvio c’era solo una spoglia piazzola nei cui pressi sorgeva una casetta di ricovero per i rotteri e un semplice cippo in granito che indicava il triplice confine tra Lombardia, Svizzera e Tirolo. Meyer, perciò, evita di rappresentare il culmine del  passo e sceglie, invece, il primo punto panoramico sul versante italiano, in prossimità dell’albergo della IV Cantoniera, adiacente alla caserma  della Guardia di finanza  che fungeva da dogana sul punto di confluenza del Passo dello Stelvio col Passo di Bormio, come veniva anche chiamato allora il Passo dell’Umbrail  che portava verso la Val Monastero in territorio svizzero-grigione.

La veduta è orientata indietro in direzione del passo, che si indovina al termine dei tornanti sulla sinistra, alla base dell’attuale Cima Garibaldi o delle Tre lingue (Dreisprachenspitze), nel punto esatto da cui si stacca la grande dorsale di neve e ghiaccio che culmina a destra nella Cima dello Scorluzzo.  

Il nostro sguardo viene in questo modo sospinto in alto verso il passo, ma giunto qui si arresta sulla linea bianca del ghiacciaio che lo conduce a destra verso la cima dello Scorluzzo. Da qui lo sguardo inizia a scendere lungo la distesa dei prati del Piano di Scorluzzo, assecondato in questo dalla discesa della carovana dei muli proveniente dal passo e dalla carrozza che corre in direzione di Bormio e che riporta il nostro sguardo alla Cantoniera. Si crea così un moto circolare dello sguardo che imprime un effetto  bidirezionale alla veduta e finisce per coinvolgere e valorizzarne tutti i più piccoli particolari.

Anche qui animali al pascolo, mercanti e viaggiatori sull’ampia piazzola panoramica della Cantoniera-albergo, la più grande di tutto il percorso, tutte presenze umane che servono a misurare la pittoresca vastità dello scenario naturale alpino d’alta quota, che è il vero soggetto della veduta.

L’effetto che il paesaggio sul passo induceva nell’anima romantica lo possiamo ricavare dal Diario  di uno dei primi viaggiatori, il conte Adam Adalbert Neipperg, che vi transitò nel 1826, subito dopo l’inaugurazione della strada, in compagnia della moglie, l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria, già imperatrice dei Francesi e vedova di Napoleone. I due, accompagnati dallo stesso progettista della strada, Carlo Donegani, rimangono a lungo in ammirata contemplazione dinanzi a “quel mare di nevi eterne che a guisa di una tovaglia della più fine mussola delle Indie, ricopre tutto il piano, circondato da rocce a picco, altrettanto bianche fino alla sommità. La conca circondata dalle alte montagne … si può paragonare a un avanzo del Caos che esisteva prima della creazione. Come in alto mare ci si trova costantemente tra cielo e acqua, così qui ci si trova eternamente tra cielo e nevi ghiacciate.” (Adam Adalbert Neipperg, Diario, 1826)