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Titolo dell'opera:

Compianto su Cristo morto

Autore:

Giovanni Stefano Danedi

(Treviglio 1612 - Milano 1690)

Dimensioni:

cm 194x140

Tecnica:

Olio su tela

Stile:

Realismo barocco lombardo

Provenienza:

Acquisizione da collezione privata, 2001

Note:

Inedito

Compianto su Cristo morto

La figura di Cristo morto, disteso su una lastra di pietra sopra un lenzuolo, campeggia al centro del dipinto tra la Madonna che spalanca le braccia alzando disperata gli occhi al cielo e la Maddalena che si china pietosamente a baciare i piedi di Cristo. A metà fra le due donne un angioletto alza il braccio senza vita di Gesù per sottolinearne la morte umana, mentre a terra giacciono i signa passionis, la croce e la corona di spine.

Il dipinto riecheggia nell’incarnato e nel panneggio i modi stilistici del Morazzone, mentre nelle espressioni dei personaggi e nel paesaggio sullo sfondo si rifà a quelli di Francesco Cairo, senza tuttavia raggiungere né la raffinata eleganza del primo, né l’intenso pathos poetico del secondo. L’anatomia della figura della Madonna, in particolare, e il suo rapporto con la figura di Cristo sono alquanto sommari e incerti, mentre il ripiegarsi della figura della Maddalena, ripete la curva della montagna del Golgota alle sue spalle, con effetti involontariamente caricaturali. Più apprezzabile la figura distesa di Cristo, la levigata luminosità del suo corpo e la dettagliata resa descrittiva del lenzuolo su cui giace.

Nella figura della Maddalena che bacia e bagna con le sue lacrime il piede di Cristo, si combinano, probabilmente, sia il riferimento, contenuto nel Vangelo di atto da Marco (15,41), alla sua presenza durante la sepoltura, sia soprattutto l’episodio narrato da Luca, di Maria, sorella di Marta - sempre identificata dalla tradizione con Maria di Magdala o Maddalena - secondo cui essa, mentre la sorella lo serviva, si sarebbe sdraiata ai suoi piedi e ne avrebbe baciato e unto i piedi con balsami profumati. A questo episodio sembra alludere non solo l’atteggiamento della Maddalena, ma anche il prezioso vasetto accanto a lei in primo piano.

Gli espliciti riferimenti al Morazzone e al Cairo, portano a datare l’opera agli anni fra il 1635 e il 1640.