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Titolo dell'opera:

Monte Disgrazia (Il) (1962)

Autore:

Paolo Punzo

(Bergamo 1906 - Bergamo 1979)

Dimensioni:

cm 60x100

Tecnica:

Olio su tavola

Stile:

Naturalismo novecentesco

Firma:

Firmato e datato in basso a sinistra: P. Punzo 62

Provenienza:

Acquisto

Monte Disgrazia (Il) (1962)

 

Fra i paesaggi alpini d'alta quota dipinti da Punzo, questo è certamente uno dei più spettacolari. Punzo lo dipinse negli anni Sessanta quando aveva già avviato quello sperimentalismo pittorico eclettico le cui premesse, d'altronde, si ritrovano in alcune opere di paesaggio degli anni Trenta. Nei paesaggi alpini degli anni Sessanta egli rimane, tuttavia, ancora sostanzialmente fedele ai moduli collaudati del vero naturale ottenuto con una pennellata rapida e sicura e un istintivo senso scenografico della composizione, assecondando il gusto della sua clientela. Qui, ad esempio, gli alberi in primo piano, a destra e a sinistra, si aprono come un sipario sul teatro del ghiacciaio del Disgrazia, che si distende imponente con le sue guglie e le sue cime, come una cattedrale della natura. La grande dossale rocciosa che, al centro, divide il ghiacciaio del Disgrazia dal cosiddetto Canalone della Vergine che precipita come una spettacolare lingua di ghiaccio nella valle sottostante, funge da regista visivo di tutta la composizione.

E' la maestà della natura d'alta quota che affascina Punzo e che egli si sforza soprattutto di rendere attraverso la riproduzione quanto più possibile fedele del vero nei più piccoli particolari, come il lontano profilo di montagne sullo sfondo che rientrano pienamente nell'esperienza visiva reale dell'alpinista e dell'escursionista d'alta quota che si trovi sul versante del Passo Ventina, classico punto di vista sul massiccio del Disgrazia, da cui Punzo ha tolto questa veduta.

A proposito del realismo di Punzo tornano qui utili le parole di Leonardo Borgese.

“Mi porterai una volta sul Disgrazia o sul Palù? In quei posti leggendari, amico Punzo, su quei monti sublimi, in quei paradisi, io non ci sono mai stato. E posso però vantarmi di conoscerli abbastanza proprio grazie ai numerosi tuoi quadri e quadretti, bozzetti e bozzettoni. Oggi – diciamo la verità – c’è molta gente che a parole disprezza il genere e che aggiunge, crollando la testa e commiserando: “E’ inutile stare a fare le vedutine e le vedute, tanto c’è già la fotografia…”.  Storie.

Io non sbaglio affermandoti che un tuo minimo paesaggio varrà sempre più di una qualsiasi famosa fotografia in nero o anche a colori. E aggiungo, io, che a parte la verità generale non discutibile della pittura superiore in perpetuo a ogni risultato meccanico, la speciale pittura di montagna è e resterà ammirabile non foss’altro per la difficile, dura difesa che oppone a chi la tenti”.    

(Leonardo Borgese, Caro Punzo, “Corriere della Sera”, 1956)