Icona ottocentesca portatile di particolare semplicità compositiva e grande intensità espressiva, destinata a un uso strettamente privato. L’immagine bipartita è dipinta su un sottile strato d’oro puro steso sopra l’intonaco gessoso della tavola (
levkas) reso colloso col
bolo. La Madre di Dio è avvolta nel tradizionale mantello, il
maphorion su cui spiccano le tre stelle, simbolo d’origine siriaca della verginità, prima durante e dopo il parto. La Vergine è rivolta verso il Figlio e con lo sguardo sembra indicarlo e, nello stesso tempo, supplicarlo. E’ dunque, se non nell’iconografia, almeno nell’espressione, una
Madre di Dio Odigítria, che indica cioè la via della salvezza. Cristo Salvatore è raffigurato secondo i canoni più tradizionali della pittura russa, col viso allungato, i grandi occhi a mandorla, il naso sottile, la fronte alta e pronunciata, incorniciata da una lunga e compatta capigliatura che ne accentua ancor più i tratti e lo sguardo intenso e penetrante dall’espressione ieratica e profondamente umana, come si conviene alla sua doppia natura di Dio e di uomo. E’ un’immagine, dunque, squisitamente contemplativa che partecipa, non nei tratti iconografici, ma nell’espressione, di quella miracolosa del
Volto Santo, che ha il suo archetipo più antico nel
Mandylion (vedi
Icona), il lino con l’immagine miracolosa del volto di
Cristo Acheropita (vedi
Icona), cioè non fatto da mano d’uomo, perduto nel 1204, nel corso del sacco di Costantinopoli per mano dei crociati.