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Titolo dell'opera:

Agar reçu par Abraham

Autore:

Jean Massard

(Bellême 1740 - Parigi 1822)

Dimensioni:

mm. 500 x 405

Tecnica:

Acquaforte

Stile:

Barocco

Firma:

Al centro: Agar reçu par Abraham // Dediée à la Reine //composizione con stemmi dei Borboni e degli Asburgo-Lorena Marg. Inf.

Agar reçu par Abraham

L’episodio biblico della schiava egiziana Agar che Sara, la moglie di Abramo, a causa della sua perdurante sterilità, induce a giacere col marito per dargli un erede, è narrato nell’Antico Testamento, (Genesi 16, 1-4). Dall’unione di Abramo con Agar nascerà Ismaele, ma non sarà questi l’erede annunciato, perché Sara avrà in seguito un figlio, Isacco, che erediterà la missione di Abramo.
Massard riproduce nell’acquaforte un dipinto, oggi al Louvre, non di Antonio van Dyck, come è stato ritenuto e come tutt’ora erroneamente spesso si ritiene, ma del meno famoso Philippe van Dyck (1679-1752), un pittore barocco olandese di storia e scene di genere, chiamato dai suoi contemporanei, “il piccolo van Dyck”. E, del resto, la scritta apposta sotto l’incisione Peint par P.V. Dyk, non lascia dubbi in proposito.
Più complesso il significato da attribuire alla scelta del tema da parte di Massard, soprattutto in relazione alla ossequiosa dedica dell’incisione alla regina Maria Antonietta, definita Saeculi Felicitas, felicità del secolo, com’é scritto nella colonna accanto allo stemma degli Asburgo-Lorena (la famiglia della regina figlia di Maria Teresa d’Austria) che affianca lo stemma dei Borboni di Francia.
Il tema biblico della mancata maternità di Sara e dei suoi rapporti coniugali con Abramo, pare, in ogni caso, non privo di sottese allusioni alle travagliate vicende sessuali della coppia regale francese, oggetto all’epoca di numerosi pamphlet satirico-pornografici e di velenose chiacchiere a corte. Il matrimonio avvenuto nel 1770, quando il futuro Luigi XVI era ancora delfino di Francia, non fu, com’è noto, consumato nei primi sette anni e Maria Antonietta avrà la prima figlia, Maria Teresa Carlotta, solo alla fine del 1778, mentre partorirà l’erede al trono solo nell’ottobre del 1781. E’ a quegli anni, in cui in Francia si dibatteva se fossero sue o del marito le colpe della non prolificità della coppia regale, che va probabilmente datata anche l’incisione di Massard, dal momento che quando nel 1785 l’artista entra come “graveur du roi” all’Académie de France, la regina si apprestava  ormai a partorire la sua quarta figlia.
E, forse, anche un’incisione come questa era servita a guadagnare al Massard quell’ambita nomina. Ciò che risalta nell’incisione, infatti, non è tanto il tema dell’amplesso tra Abramo e la giovane Agar, quanto la nobile dignità con cui Sara conduce la sua schiava egiziana dal marito per avere un erede. E, in effetti, il titolo del dipinto di Philippe van Dyck non è quello dell’incisione, ma Sara che presenta Agar ad Abramo. Mutando il titolo, Massard mette elegantemente in ombra un riferimento troppo diretto e indiscreto al desiderio di maternità della regina, preferendo lasciare l’allusione alla sua dignità solo alla forza dell’immagine e all’ossequio della dedica.
L’incisione, per il resto, riproduce fedelmente il dipinto dell’artista olandese, con una maggiore accentuazione del ricco arredo e dei sontuosi tendaggi che proteggono l’intimità dell’alcova, per sottolinearne, nel bianco e nero dell’acquaforte, la regalità che nel dipinto è affidata al rosso porpora delle tende.
La luce colpisce direttamente Abramo e la giovane schiava che, seminudi, si apprestano consumare il loro amplesso, ma Sara, vera regista della scena, appare ritta nell’ombra dietro di essi, avvolta nel suo mantello che ne mette in luce solo l’espressione mesta e dolce di moglie frustrata e di madre mancata.