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Titolo dell'opera:

Dazio di Porta Romana (1788)

Autore:

Domenico Aspari

(Milano 1745 - Milano 1831)

Dimensioni:

mm.450 x 640

Tecnica:

Acquaforte e bulino

Stile:

Classicismo settecentesco lombardo

Firma:

A sinistra sotto il riquadro: Dom° Aspar Del.to e Scul. Milano, 1788

Note:

Ristampa Vallardi, 1808 con il titolo Veduta esterna del Dazio di Porta Romana

Scritte:

A sinistra sotto il riquadro: Dom° Aspar Del.to e Scul. Milano, 1788

A destra: Architettura di Martino Bassi

Bibliografia

Paolo Arrigoni (a cura di), Milano nelle vecchie stampe, vol I, Le vedute, Milano, Cariplo, 1969,  p. 37, ill. n. 129/9;

Gastone Cambin, Domenico e Carlo Aspari incisori e architetti olivonesi, Lugano, Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali e artistiche, 1972, tav. n. 42,  partt. nn. 43-44;

Milano nelle incisioni di Domenico Aspari e Gasparo Galliari, a cura di Pantaleo di Marzo, testi di Anita Mercuri,  Milano, Cooperativa editoriale “Gli Sfidanti”, 1988, tav. IX, p. 46, partt. pp. 47 e 49; 

Rebecca Carnevali, Le Vedute di Milano di Domenico Aspari , in “Grafica d’arte, rivista di storia dell’incisione antica e moderna”, n. 1, gennaio-marzo 1990, p. 17, ill. n.19;

La Milano di Giuseppe Parini nelle vedute di Domenico Aspari (1786-1792), introd. di Guido Bezzola, Milano, Il Polifilo, 1999, tav. IX;

Franco Monteforte, Milano e la Lombardia pittoresca del primo Ottocento, Sondrio, Banca Popolare di Sondrio, 2011.

Dazio di Porta Romana (1788)

Eretta nel 1598 su disegno di Aurelio Trezzi, come arco trionfale d’ingresso in onore di Maria Margherita d’Austria per le nozze con Filippo III di Spagna, Porta Romana fu per due secoli l’unico ingresso monumentale alla città. Essa si apriva, come le altre porte della città, sulle mura spagnole, i bastioni, costruiti a partire dal 1545 e che fino ad ‘800 inoltrato fungeranno oltre che da difesa, da cinta daziaria della città.

Alla fine del ‘700 il monumento appariva, però, già in stato di decadenza e l’Aspari ne mette in rilievo il carattere quasi di rudere in mezzo alla vegetazione, con chiara ispirazione alle rovine di Roma del Piranesi, una delle matrici delle vedute milanesi dell’Aspari.  Sulla sinistra si vedono ancora i resti delle fortificazioni che si ergevano a ridosso delle mura, mentre sulla destra  un lussureggiante boschetto sembra prolungarsi nella vegetazione che ricopre in alto il frontone.

Si crea così uno stretto intreccio tra natura storia e architettura,  cui in lontananza fa da sfondo la città coi suoi monumenti inquadrati dall’arco, ma che in primo piano si anima di vita nei gruppi di gentiluomini e di contadini e contadine in costume che conversano e mercanteggiano tra una vettura in uscita che si fa largo strombazzando e un mercante che spinge la sua bestia da soma carica di merci verso l’ingresso della città.

Il monumento perde, così, ogni carattere nostalgico di rovina e di muto testimone del passato, per inserirsi, con i segni stessi della sua stessa vetustà, nel flusso vitale della città,  là dove essa finisce per cedere il posto alla campagna.