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Titolo dell'opera:

Sogno di don Rodrigo (1984)

Autore:

Nino Lupica

(Scordia (CT) 1938 - vivente )

Dimensioni:

mm.250 x 295

Tecnica:

Serigrafia acquarellata a mano

Stile:

Espressionismo

Firma:

Lupica '84

Note:

In basso a destra 

 

PA. [Prova d'autore]

“il sogno di don Rodrigo” cap. XXXIII,

Lupica ‘84

 Al dott. Melazzini /cordialmente Nino Lupica /Sondrio  20.11.84

Sogno di don Rodrigo (1984)

L’esuberante forza immaginativa di Lupica gareggia qui con la potente forza descrittiva del Manzoni.

Sotto i primi sintomi della peste, don Rodrigo si è appena addormentato. Il suo corpo pesante giace nudo e addormentato in basso nell’immagine. Su di esso sboccia come un incubo il sogno di don Rodrigo, popolato dai fantasmi degli appestati di cui pullulava Milano, che si accalcano muti verso di lui e sembrano volerlo ghermire e trascinare nella loro miserabile fine. Nella chiesa in cui questo popolo di macilento di malati è riunito, appare fra Cristoforo verso cui quei “visi gialli, distrutti, con cert’occhi incantati”, immagine delle vittime delle sue infinite violenze, si volgono come a chiedere misericordia e giustizia. Il dito inesorabile di fra Cristoforo è ancora una volta puntato contro don Rodrigo, come nel celebre “Verrà un giorno  del cap. V. Contro quel dito don Rodrigo sta per alzare la sua mano che ricade invece pesante sul fianco, dove tocca l’acuta fitta che lo fa destare. E’ il bubbone della peste. 

Lupica mette al posto di fra Cristoforo, il Cristo crocifisso che sintetizza la figura del frate, quella della chiesa in cui si svolge la scena e quella stessa della condizione umana crocifissa dalla sofferenza,  di cui Cristo è immagine e simbolo.

 E’ un immagine, per usare le parole di Luzi sull’arte di Lupica, “allo stesso tempo meditativa e impetuosa”.

 

 

 

I Promessi Sposi, cap. XXXIII,  ed. 1840

 

Il Griso prese il lume, e, augurata la buona notte al padrone, se n’ando in fretta, mentre quello si cacciava sotto. […]

Ma appena velato l’occhio, si svegliava con un riscossone, come se uno, per dispetto, fosse venuto a dargli una tentennata; […] Dopo un lungo rivoltarsi, finalmente s’addormento, e cominciò a fare i più brutti e arruffati sogni del mondo. E d’uno in un altro, gli parve di trovarsi in una gran chiesa, in su, in su, in mezzo a una folla; di trovarcisi, chè non sapeva come ci fosse andato, come gliene fosse venuto il pensiero, in quel tempo specialmente; e n’era arrabbiato. Guardava i circostanti; eran tutti visi gialli, distrutti, con cert’occhi incantati, abbacinati, con le labbra spenzolate; tutta gente con certi vestiti che cascavano a pezzi; e da’ rotti si vedevano macchie e bubboni. «Largo canaglia!» gli pareva di gridare […] Ma nessuno di quegl’insensati dava segno di volersi scostare, e nemmeno d’avere inteso; anzi gli stavan piú addosso: e sopra tutto gli pareva che qualcheduno di loro, con le gomita o con altro, lo pigiasse a sinistra, tra il cuore e l’ascella, dove sentiva una puntura dolorosa, e come pesante.[…] Infuriato, volle metter mano alla spada; e appunto gli parve che, per la calca, gli fosse andata in su, e fosse il pomo di quella che lo premesse in quel luogo; ma mettendoci la mano, non ci trovò la spada, e sentì in vece una trafitta più forte.[…]  quando gli parve che tutti que’ visi si rivolgessero a una parte. Guardò anche lui vide un pulpito, dal parapetto di quello spuntar su un non so che di convesso, liscio e luccicante; poi alzarsi e comparir distinta una testa pelata, poi due occhi, un viso, una barba lunga e bianca, un frate ritto, fuor del parapetto fino alla cintola, fra Cristoforo. Il quale, fulminato uno sguardo in giro su tutto l’uditorio, parve a don Rodrigo che lo fermasse in viso a lui, alzando insieme la mano, nell’attitudine appunto che aveva presa in quella sala a terreno del suo palazzotto. Allora alzò anche lui la mano in furia, fece uno sforzo, come per islanciarsi ad acchiappar quel braccio teso per aria; una voce che gli andava brontolando sordamente nella gola, scoppiò in un grand’urlo; e si destò. […] riconobbe il suo letto, la sua camera; si raccapezzò che tutto era stato un sogno: la chiesa, il popolo, il frate, tutto era sparito; tutto fuorchè una cosa, quel dolore dalla parte sinistra. […] finalmente la scoprí, ci diede un’occhiata paurosa; e vide un sozzo bubbone d’un livido paonazzo.