Una moltitudine di ammalati (1984)
(Scordia (CT) 1938 - vivente )
mm.290 x 340
Serigrafia acquarellata a mano
Espressionismo
Lupica '84
In basso
112/150 - Tav. XXII - Una moltitudine di ammalati - cap XXXIV - Nino Lupica 1984.
Renzo si è appena riavuto dalla scena della madre di Cecilia che consegna il corpicino di sua figlia al monatto, una delle scene più toccanti e commoventi di tutto il romanzo. Ed ecco che si imbatte nella moltitudine dolente degli appestati.
L’equivalenza poetica della descrizione manzoniana e dell’immagine di Lupica è qui straordinaria.
Il colore di Lupica ora non grida, ma si acquieta e si fa sommesso e flebile nella sfumata delicatezza del celeste e del rosa, come flebile e sommesso è il lamento degli ammalati. La linea espressionistica del disegno corre spezzata contornando i corpi e aderendo pienamente al loro doloroso ripiegarsi l’uno sull’altro. L’energia immaginativa di Lupica si concentra qui potentemente sulla sofferenza e va, al di là dell’episodio, a estrarre dalla scena tutto il suo valore universale e simbolico: la compassione fra gli uomini che si genera nel dolore.
I Promessi Sposi, cap. XXXIV, ed. 1840
Riavuto da quella commozione straordinaria, e mentre cercava di tirarsi in mente l’itinerario per trovare se alla prima strada deve voltare, e se a diritta o a mancina, sente anche da questa venire un altro e diverso strepito, un suono confuso di grida imperiose, di fiochi lamenti, un pianger di donne, un mugolío di fanciulli.
Andò avanti, con in cuore quella solita trista e oscura aspettativa. Arrivato al crocicchio, vide da una parte una moltitudine confusa che s’avanzava, e si fermò lí, per lasciarla passare. Erano ammalati che venivan condotti al lazzaretto; alcuni, spinti a forza, resistevano in vano, in vano gridavano che volevan morire nel loro letto, e rispondevano con inutili imprecazioni alle bestemmie e ai comandi de’ monatti che li guidavano; altri che camminavano in silenzio, senza mostrar dolore, nè alcun altro sentimento, come insensati;