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Titolo dell'opera:

San Francesco Saverio battezza la principessa indiana Neachile (1717)

Autore:

Pietro Ligari

(Ardenno, Sondrio 1686 - Sondrio 1752)

Dimensioni:

cm 185x320

Tecnica:

Olio su tela

Stile:

Classicismo settecentesco lombardo

Firma:

Firmato e datato in basso a destra: Pietro Ligari 1717

Provenienza:

Oratorio di San Francesco Saverio, Palazzo Sertoli, fino al 1981

Esposizioni:

1979, Como, Dai Ligari ai Carloni: un momento della pittura lombarda nel Settecento; 1983, Sondrio, Cinque secoli di pittura valtellinese; 1991, Milano, Palazzo Reale, Settecento lombardo; 2008, Milano, Galleria delle Stelline, I Ligari. Pittori del Settecento lombardo; 2010, Milano, Palazzo Reale, Sacro lombardo dai Borromeo al Simbolismo

Bibliografia

Camillo Bassi, I pittori Ligari di Sondrio, Milano, 1931, p. 26; Laura Meli Bassi, I Ligari. Una famiglia di artisti valtellinesi del Settecento, Sondrio, Banca Piccolo Credito Valtellinese, 1974, pp. 39, 56, 131, 177-178; Laura Meli Bassi, I Ligari, in Dai Ligari al Carloni. Un momento della pittura lombarda del Settecento, catalogo della mostra, Como, 1979, p. 14; S. Coppa, Ligari e altro. Per un profilo della cultura artistica in Valtellina, dal tardo Seicento al primo Neoclassicismo, in Civiltà artistica di Valtellina e Valchiavenna. Il Settecento, Credito Valtellinese, 1994, p. 55 e passim; S. Coppa, Pietro Ligari. Biografia, in Pittura a Como e nel Canton Ticino, dal Mille al Settecento, a cura di Mina Gregori, Cariplo, 1995, p. 300; Laura Meli Bassi, Il “Battesimo di una principessa indiana” di Pietro Ligari, in "Notiziario della Banca Popolare di Sondrio", n. 33, dicembre 1983, pp. 101-106; Bona Castellotti, La pittura lombarda del Settecento, Milano, 1986, n.1; S. Coppa in Settecento lombardo, catalogo della mostra, Milano, Electa, 1991, p. 148 (con bibliografia precedente); AA.VV., Tesori d’arte delle banche lombarde, Roma, 1995, p. 164; Simonetta Coppa, Eugenia Bianchi (a cura di), I Ligari. Pittori del Settecento lombardo, catalogo della mostra di Milano in occasione del centenario di fondazione del Credito valtellinese (1908-2008), Skira-Credito Valtellinese, 2008, pp. 122-123 (scheda a cura di Simonetta Coppa); Paolo Vanoli, I Ligari. Atlante delle opere, Skira-Credito Valtellinese, 2008, p. 24; Martina degl’Innocenti, in Sacro lombardo dai Borromeo al Simbolismo, a cura di Stefano Zuffi, catalogo della mostra di Milano, 24 Ore Cultura, 2010, pp. 98-99

San Francesco Saverio battezza la principessa indiana Neachile (1717)

L’opera fu dipinta a Milano nel 1717 per essere collocata in una parete laterale dell’Oratorio di Palazzo Sertoli a Sondrio, in piazza Quadrivio, dedicato a S. Francesco Saverio, dal nome del committente del quadro, il canonico Francesco Saverio Sertoli, che conosciamo attraverso un bel ritratto dello stesso Ligari.

E’ il primo dipinto datato e firmato di Pietro Ligari e una delle sue prime opere di cui è certa la datazione, se si esclude l’Autoritratto giovanile a 29 anni che è del 1715.

L’episodio della conversione e del battesimo della principessa indiana Neachile, di religione musulmana, ad opera di S. Francesco Saverio è ricavato da Ligari dalla narrazione che ne fa Daniello Bartoli nella sua monumentale Istoria della Compagnia di Gesù.

La sfortunata perdita delle altre opere del periodo milanese non consente, purtroppo, di mettere in relazione questa grande tela con il resto della produzione artistica ligariana durante il lungo soggiorno a Milano fra il 1710 e il 1727. Ma lo scenografico impianto compositivo, la perfetta padronanza tecnica del disegno e del colore, la sapiente distribuzione della luce e dell’ombra, la ricchezza descrittiva dei dettagli e la grande varietà dei rimandi alle più importanti esperienze artistiche coeve, ne fanno un felice capolavoro di esordio della sua produzione ufficiale e una delle sue opere più importanti e complesse.

Il Santo versa l’acqua sulla testa della principessa Neachile chinata sopra l’ampia vasca battesimale coi biondi e lunghi capelli sciolti, mentre un fascio di luce penetra dall’alto sulla destra e ne illumina la sopraveste rosa e il manto azzurro, facendone emergere dall’ombra la figura nel momento stesso in cui l’acqua ne santifica l’anima. Accanto a lei il padre, il sovrano Almanzor, avvolto in un rosso mantello, si china con rispettosa deferenza senza la corona, trattenuta dal paggio alle sue spalle. Tutt’intorno una folla di dignitari, in abiti orientali. In primo piano la scena è inquadrata dalla donna con i due bambini a sinistra e dal mendicante a destra, sulle cui nude spalle in ombra irrompe un raggio di luce che le illumina in parte. Tra queste due figure campeggiano al centro, davanti alla vasca battesimale, il morbido cuscino di seta rosa su cui la principessa ha adagiato il suo diadema e la collana di perle, accanto alla brocca di acqua battesimale, preziosamente lavorata che sigla simbolicamente l’intera scena.

Simonetta Coppa ha puntualmente ricostruito nella presentazione del dipinto sul catalogo della mostra del Settecento Lombardo (1991), tutti i rimandi e le influenze che contribuiscono alla prodigiosa maturità di questo capolavoro giovanile del Ligari.

“A una impostazione accademizzante di impronta bolognese-romana - scrive la Coppa - maturata in Pietro attraverso la formazione a Roma alla scuola di Lazzaro Baldi ma anche attraverso lo studio condotto a Milano sui pittori della seconda Accademia Ambrosiana […], si aggiungono gli influssi più aggiornati di Andrea Porta e del Legnanino, evidenti nella scelta delle gamme cromatiche chiare e sfumate, particolarmente nello sfondo architettonico. I robusti contrasti chiaroscurali dei primi piani e l’impiego di figure quinta indicano invece la lezione dell’Abbiati e, per suo tramite, richiami più lontani al Seicento milanese e nella direzione del Cerano e dei Procaccini; infine la slanciata figura centrale della principessa inginocchiata, fasciata in rutilanti drappi serici, e il bellissimo inserto della brocca e del cuscino bianco su cui poggia la corona, rimandano chiaramente a Sebastiano Ricci.”

Da più parti è stato notato come l’intera composizione del quadro sia una riproposizione aggiornata della tradizione lombarda dei “quadroni”. In particolare, sempre Simonetta Coppa ha sottolineato la stretta parentela che essa intrattiene con le Nozze di Cana di Pietro Gilardi nel refettorio di San Vittore a Milano, mentre i diversi gruppi del quadro, come la donna con il bambino in primo piano sulla sinistra, si inseriscono nella tradizione figurativa della pittura lombarda.