Il termine indica in letteratura quell'indirizzo poetico di reazione all'ampollosità del barocco (v.), sviluppatosi in Italia a partire del 1690 e la fondazione a Roma, attorno a Cristina di Svezia, dell'Accademia letteraria dell'Arcadia con riferimento alla regione della Grecia anticamente abitata da soli pastori, assunta a simbolo di semplicità e di naturalezza.
Il gusto poetico arcadico trovò in seguito, nel settecento, in Metastasio il suo interprete più noto, ma la poesia prodotta allora nelle numerose accademie di cui si coprì allora l'Italia e lo stesso aggettivo "arcadico", divennero presto col romanticismo sinonimo di vuota e superficiale leziosaggine letteraria.
Nella pittura il termine "arcadico" indica genericamente una scena e un'atmosfera di serenità pastorale che, nella pittura veneta del Settecento, diventa con lo Zuccarelli, lo Zais e i loro seguaci, un vero e proprio genere, legato alla civiltà della villa e del "vivere in villa", in cui il mondo agreste e pastorale si carica di valenze mitologico-simboliche e di memorie della classicità e la natura diventa via via rifugio e patria ideale sulla scorta prima degli echi della pittura di Watteau e quindi della diffusione delle teorie di Rousseau.