Immagine di pergamena con glossa

Classicismo secentesco

Nell'arte italiana del Seicento, accanto alle correnti caravaggesche (v. caravaggismo) e spesso in aperta polemica con queste, sopravvive e si sviluppa una robusta tendenza classicista (v. classicismo) che gode dell'appoggio della critica e della forte committenza pubblica e privata. Essa ha i suoi maggiori teorici in monsignor Giovanni Battista Agucchi, autore fra il 1607 e il 1615 di un Trattato della pittura, e in Pietro Bellori che nel 1664 pubblica la sua Idea del pittore, dello scultore e dell'architetto. In queste due opere c'è la più completa formulazione dell'ideale del classicismo secentesco come reazione sia all'astratta pittura idealizzante del manierismo che si è allontanata dal dato naturale, sia al crudo naturalismo dei caravaggisti (v. naturalismo caravaggesco) "che copiano i difetti dei corpi e si assuefanno alla bruttezza e agli errori" (Bellori). L'arte invece rappresenta sempre gli uomini e la natura non come sono, ma come dovrebbero essere, cioè nella loro bellezza esemplare che è anche immagine della loro dignità ideale.
Questo classicismo secentesco, il cui linguaggio artistico si forma alla fine del '500 a Roma e a Bologna ad opera dei fratelli Carracci e che ha nel Domenechino, l'artista preferito da mons. Agucchi, il suo più autentico rappresentante, non aspira tanto perciò a imitare i modelli antichi, quanto a mutuare dal patrimonio classico un linguaggio artistico idealizzante e celebrativo della grandezza del potere e della Chiesa e, come tale, diventa espressione del gusto ufficiale, in stretto legame con lo spirito della controriforma, allo stesso modo in cui il classicismo francese di Poussin diventa espressione ufficiale dell'assolutismo francese di Luigi XIV.

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