Immagine di pergamena con glossa

Litografia

Letteralmente "scrittura su pietra". Termine apparso in Francia all'inizio delll'Ottocento per indicare il procedimento di stampa da un amatrice di pietra messo a punto nel 1796 dal tedesco Alois Senefelder che lo aveva battezzato "Polyautographia". Su una superficie di pietra calcarea asciutta, o su una lastra granulosa di zinco con le identiche proprietà della pietra calcarea, si traccia, a rovescio, un disegno con gesso, matita o altra sostanza grassa. Si inumidisce quindi la pietra con una soluzione di acido nitrico e gomma arabica e si fa scorrere su di essa un rullo inchiostrato. L'inchiostro si intride sulla parte grassa del disegno lasciando inalterato il resto della superficie per l'azione repellente dell'acido. Con una pressa litografica si fa aderire quindi sulla matrice un foglio su cui rimane impresso il disegno. Successive inchiostrature consentono la ripetizione dell'operazione per un numero indeterminato di riproduzioni. Oggi perciò nelle litografie gli artisti solitamente indicano il numero della tiratura totale di un disegno litografico preceduto da quello esatto della riproduzione che si ha sotto gli occhi (ad es: 5/20) con esclusione delle riproduzioni di prova, contrassegnate di solito con la sigla "p.d'a." (prova d'autore). Più basso è il numero della tiratura più pregiata è la litografia; più basso è il numero della riproduzione più è di solito migliore la sua qualità. Nel caso di una litografia a colori, si parla di cromolitografia.
Per le sue qualità di fedele riproduzione del disegno con neri intensi e un'estesa gradazione di grigi, la litografia ha conosciuto subito una vasta diffusione. In Francia nell'Ottocento fu usata da numerosi artisti fra cui Delacroix, Theodor Géricault e Henri Daumier. In Italia fra i primi ad avvalersi della nuova tecnica, nella prima metà dell'Ottocento, furono Andrea Appiani e Bartolomeo Pinelli.

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