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Manierismo

Col termine manierismo, derivato da maniera, si indica oggi nella storia e nella critica d'arte il complesso delle diverse correnti e personalità artistiche che nascono e si affermano in Italia e in Europa nel periodo compreso tra il rinascimento e l'inizio del barocco (v.), cioè tra il 1515 e il 1620. Mentre in passato si vedeva soprattutto in queste correnti una forte ed esplicita reazione al classismo del rinascimento, se non un vero e proprio antirinascimento. Oggi, la critica più moderna, più attenta agli sviluppi regionali dell'arte italiana, tende invece a vederne la sua filiazione all'interno stesso del rinascimento e del suo classicismo da cui gli artisti progressivamente si staccano e si emancipano seguendo i mutamenti di gusto della committenza e le proprie personali inquietudini in un'epoca di incertezza e smarrimento che vede il "sacco di Roma" del 1527, la riforma protestante, il concilio di Trento, la controriforma e una grave e perdurante instabilità politica militare, in una parola la disgregazione dell'Italia del rinascimento. E' in questo contesto che va vista e inquadrata l'opera di artisti come Pontormo, Rosso Fiorentino, Domenico Beccafumi, Giulio Romano, l'ultimo Tiziano, Lorenzo Lotto, il Parmigianino, il Vasari, il Bronzino Benvenuto Cellini, Veronese, El Greco o il Tintoretto per non citare che alcuni fra i maggiori esponenti del manierismo la cui opera è orientata nel senso di una più libera tecnica compositiva e di un più fantasioso uso del colore, sfruttando del resto la lezione dell'ultimo Michelangelo, per ottenere effetti irrealistici di raffinato intellettualismo.