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Pop art

Coniata a metà degli anni Cinquanta in Inghilterra dai mebri dell'Independent Group per sottolineare il proprio interesse artistico verso i nuovi mezzi tecnologici di comunicazione, come la fotografia, ad esempio, la Pop art, abbreviazione di popular art, entra nel linguaggio critico solo negli anni Sessanta per indicare l'indirizzo artistico di quel gruppo di pittori di New York, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Tom Wesselmann, James Rosenquist e Claus Oldenburg, con la cui opera oggi essa internazionalmente si identifica come fenomeno artistico tipicamente americano.
A differenza degli artisti dell'Action painting che ponevano il gesto al centro della loro opera, gli artisti pop rivalutano invece l'oggetto, e più precisamente l'oggetto della vita quotidiana (la scatola di fagioli Campbell's, la bistecca, un fumetto), strappato alla sua funzione di oggetto di consumo per diventare, fuori dal contesto consumistico, immagine artistica che lo riscatta e svela ironicamente la forza mitologica di cui gli oggetti più comuni della nostra quotidianità si caricano nella società consumistica sotto l'effetto della pubblicità. La pop-art è dunque innanzitutto una demistificazione della società consumista attuata con gli stessi mezzi della comunicazione di massa, il fumetto, la fotografia, il giornale, ecc, che rendono l'arte e la sua carica demistificatrice un elemento familiare della vita quotidiana. In questo la pop art si avvale indubbiamente dell'esperienza del dadaismo europeo e del New Dada, ma con connotati propri che non la confinano al solo panorama estetico, ma la rendono più strettamente partecipe e aderente al carattere della vita contemporanea.