La riproduzione scientifica, coi mezzi artificiali della geometria, del processo naturale della visione. Nell'opera d'arte indica il procedimento ottico-geometrico attraverso cui, sulla base della definizione di un punto di vista che ci rende più grandi le cose vicine e più piccole quelle lontane, si ottiene su una superficie bidimensionale la proiezione tridimensionale, cioè in profondità, dello spazio e dei volumi, incrementando così l'effetto realistico, di naturale evidenza plastica, dell'intera composizione. E' questa la prospettiva rinascimentale scoperta da Brunelleschi intorno al 1420, teorizzata da Leon Battista Alberti nel De Pictura del 1436 e, sulla sua scia, definitivamente affermatasi nell'arte italiana con l'opera di Piero Della Francesca. Si distinguono due tipi di prospettiva nel Rinascimento italiano, quella "lineare" in cui l'effetto di profondità nasce dalla convergenza delle linee all'infinito verso un "punto di fuga", e quella "aerea", di Leonardo attenta all'atmosfera che intercorre tra l'osservatore e gli oggetti della rappresentazione.
Oggi, tuttavia, il concetto storico di prospettiva si è molto dilatato nella critica d'arte dopo la pubblicazione nel 1927 del fondamentale lavoro di Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica, che ha dimostrato come essa sia una "forma" sempre intimamente connessa con "un particolare contenuto spirituale" e che non esiste, perciò, un unico modo di concepire la prospettiva, ma ogni visione del mondo si forgia la propria particolare prospettiva artistica che ne diventa appunto la "forma simbolica". Gli Antichi, ad esempio, sostiene Panofsky, conoscevano un tipo di prospettiva "curvilinea", del tutto differente da quella geometrica rinascimentale. Ma già prima di lui diversi studiosi avevano dimostrato l'esistenza di diversi sistemi non matematici di rappresentazione prospettica della realtà, come la prospettiva detta "a spinapesce" di alcuni affreschi pompeiani, o quella a carattere più empirico cui erano autonomamente arrivati nel Quattrocento i pittori fiamminghi. E oggi sappiamo che Giotto utilizzava spesso una forma prospettica in cui le linee correvano parallele, senza convergere, all'infinito, oppure, in altri casi, ricorreva alla cosiddetta "prospettiva rovesciata" in cui le linee convergevano in primo piano e divergevano all'infinito e gli oggetti vicini divenivano più piccoli di quelli lontani, come in molti artisti del Trecento e nell'arte paleocristiana e bizantina.
Nell'arte d'avanguardia moderna e contemporanea, in cui la costruzione del quadro avviene direttamente attraverso il colore, la prospettiva è stata ormai definitivamente abbandonata se non apertamente ripudiata, come nel caso di pittori cubisti che ritornano a una rappresentazione bidimensionale della realtà, abbandonando il "miserabile trucco della prospettiva" (G. Apollinaire).