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Realismo

In un senso molto generico per realismo, nel linguaggio artistico, si intende l'atteggiamento dell'artista che si propone nelle sue opere di riprodurre la realtà così com'è, o meglio, come a lui appare. Alla base di questo atteggiamento c'è la convinzione filosofica, secondo cui la realtà ha un'esistenza oggettiva che l'artista deve sforzarsi di imitare e di riprodurre il più fedelmente possibile. Da questo punto di vista il termine realismo comprende, in modo forse eccessivamente estensivo, un atteggiamento comune a diverse epoche e stili, anche molto differenti tra loro. C'è, ad esempio, un realismo classico che mira a riprodurre la realtà nella sua fisica e naturale plasticità, ma depurandola dei suoi aspetti naturali sgradevoli per comporre le varie parti del "bello naturale" in un'armoniosa immagine di bellezza esemplare o ideale, come avviene appunto nell'arte classica greco-romana e in quella del rinascimento, e c'è, invece, un realismo caravaggesco (v. caravaggismo) che mira a rappresentare la realtà senza alcun abbellimento nel suo aspetto più naturale. C'è un realismo barocco che della realtà mette in luce l'aspetto più teatrale e dinamico come azione, spettacolo e dramma, e c'è un realismo rococò dell'arte come inganno e trompel'oeil. C'è un realismo rinascimentale più sintetico e scientifico, basato sulla prospettiva, e c'è un realismo fiammingo più analitico e descrittivo. C'è un realismo che privilegia la rappresentazione della realtà sociale a carattere solitamente di denuncia, e c'è un realismo storico a carattere più epico e rievocativo, se non celebrativo. E c'è, infine, un realismo paesistico interessato soltanto a riprodurre la natura e il paesaggio nelle sue varietà atmosferiche, così come si presenta agli occhi e al sentimento dell'artista.
Questa estrema varietà ci fa capire che nel realismo non c'è solo un'ineliminabile componente soggettiva, ma che la realtà nella sua complessità e soprattutto nella sua totalità é qualcosa di inafferrabile, qualcosa di cui ogni epoca, ogni stile e ogni artista non può che mettere in evidenza un aspetto soggettivamente parziale e relativo a una data situazione storica o a una data condizione spirituale e sensibilità individuale del momento.
E' perciò vero che il termine realismo come categoria stilistica ha un'estensività forse troppo generica ed evasiva nella storia dell'arte, ma è anche vero che esso mette in luce un aspetto fondamentale della creazione artistica, vale a dire il la sua tensione problematica con la realtà comunque considerata, ed è anche vero che opportunamente qualificato da un aggettivo e specificato nel suo senso determinato, il termine realismo ci aiuta a comprendere quale tipo di rapporto con la realtà sta alla base di una certa opera, della produzione di un'artista o di un'intera epoca. L'estensione eccessiva del termine non ne indica perciò, necessariamente, la sua genericità negativa o la sua inutilità critica.
In un senso più propriamente storico, realismo è quella corrente artistica che, in antitesi al classicismo accademico e alle evasive fantasticherie dei romantici, si afferma in Francia intorno alla metà dell'Ottocento con Balzac in letteratura e con Courbet nella pittura, sull'onda del '48 e della nascita della seconda repubblica. Il realismo ottocentesco di Courbet e di Balzac mira a ritrovare un rapporto nuovo e più diretto dell'arte con la vita e concepisce in modo nuovo la funzione dell'artista nella società, come testimone morale del vero. Esso è il primo movimento che nella storia dell'arte si definisce esplicitamente realista e che concepisce la realtà dell'uomo e della natura, in tutti i suoi aspetti, come campo proprio dell'attività artistica. Va detto tuttavia che nello stesso periodo, intorno al 1857, Delacroix nel suo Diario esprimeva un'idea opposta di realismo, come nemico mortale di ogni creatività artistica. "Il realismo dovrebbe essere definito l'opposto dell'arte" scrive Delacroix, secondo cui l'artista mira attraverso un linguaggio puramente convenzionale a sollevarsi con la poesia sopra la volgarità della vita quotidiana. Egli stesso, del resto, nel 1830, con il famoso quadro La Liberté guidant le peuple, fornisce la dimostrazione di come la rappresentazione mitico-ideale di un episodio reale, non solo ne riscatta l'aspetto cronachistico di sangue, rivolta e sovvertimento, ma ne coglie il senso storico più profondo.
E tuttavia il realismo sarà destinato a una certa fortuna per tutta la seconda metà dell'Ottocento e ancora nel Novecento in cui risorge prima come realismo magico (v.) nell'arte italiana del primo dopoguerra, e in seguito come realismo socialista nell'arte dell'Unione sovietica dove acquista rapidamente il connotato di arte di regime.
Più che di realismo, perciò, nella critica d'arte del Novecento, in riferimento all'arte dei secoli precedenti, si preferirà parlare di pittori della realtà (v.), come Charles Sterling definì i caravaggeschi francesi nel 1934 e come Roberto Longhi chiamerà nel '53 un nucleo importante di pittori lombardi dal Cinquecento al Settecento (Moroni, Ceresa, Fra' Galgario, Cifrondi, Ceruti, ecc.), facendo del sentimento della realtà la caratteristica tipica della pittura lombarda, soprattutto da Caravaggio in avanti.