Immagine di pergamena con glossa

Pittura di storia

Nel suo significato più lato, per pittura di storia si intende la rappresentazione in forma narrativa di scene, eventi e personaggi desunta da fonti storiche, letterarie, mitologiche o semplicemente frutto di pura immaginazione, con intenti prevalentemente commemorativi e celebrativi. A partire dal XV secolo, la pittura di storia acquista in tutte le accademie artistiche il ruolo di genere più alto e nobile di pittura. Leon Battista Alberti ad esempio, scrive nel 1436 nel De Pictura, "grandissima opera del pittore, non uno collosso, ma istoria" e Francesco Milizia nel Dizionario delle Belle Arti del disegno, afferma nel 1797 che "Storia in pittura è il primo e principale genere che rappresenta non la storia sola, ma ogni favola antica e moderna, ogni allegoria, qualunque immaginazione." Ciò che caratterizza, appunto, la pittura di storia è il suo carattere celebrativo, unito alla capacità inventiva della rappresentazione. In questo senso la pittura di storia si distingue dalla pittura di "scene di genere" (scene di vita quotidiana, o scene di interni), considerata, per il suo carattere realistico e puramente documentario, come un genere minore fino alla metà dell'Ottocento, quando il realismo sociale di Courbet e il verismo ne faranno il tema per eccellenza della pittura, in stretta relazione alle trasformazioni sociali della società moderna.
La pittura di storia assume forme e significati diversi nelle varie epoche. In età umanistica e rinascimentale. episodi della storia civile o della storia sacra vengono reinventati in ambienti e abiti contemporanei per sottolinearne l'attualità, come in Masaccio, Mantegna o Piero della Francesca. Nel Barocco, il genere storico acquista invece una dimensione più allegorica, mentre nella seconda metà del Settecento i personaggi storici e mitologici riprendono, con David, le vesti del proprio tempo e acquistano un senso moralmente esemplare di virtù civiche rivoluzionarie, prima di trasformarsi nella prima metà dell'Ottocento con Géricault (La zattera della Medusa) o Delacroix (La libertà che guida il popolo) in simboli della lotta per la libertà. Ma nell'Ottocento, a partire dall'epoca napoleonica e dal Romanticismo, cessano gradualmente i riferimenti al passato e la pittura di storia si orienta verso gli avvenimenti reali della vita contemporanea, attraverso l'esaltazione dell'eroe singolo (Napoleone, Nelson, ecc.) o collettivo (il popolo).
In tutte queste trasformazioni la pittura di storia conserva sempre, tuttavia, il proprio fondamentale carattere celebrativo e tale carattere avrà anche l'arte italiana risorgimentale, accanto a quello propriamente documentario (Fattori, De Albertis, ecc.), sollecitato dalla nuova sensibilità verso la realtà e il vero. Proprio l'intento documentario sfocerà, infine, nel realismo (v.) della seconda metà dell'Ottocento, quando la pittura di storia si spoglia definitivamente del suo carattere aulico e celebrativo per assumere quello rappresentativo, di esaltazione e o di denuncia, della realtà sociale e urbana moderna, in cui non sono più gli individui, ma le collettività i veri protagonisti. In questo senso carattere di vera e propria denuncia degli orrori della guerra hanno anche alcuni veri e propri quadri di storia del Novecento, come il Trittico della guerra di Otto Dix (1929-'32) o Guernica di Picasso (1937). Una ripresa della pittura di storia e del suo carattere celebrativo, con esiti artisticamente quasi sempre discutibili, possono essere considerate anche molte opere dell'arte ufficiale del nazismo o del cosiddetto "realismo socialista" nell'Unione sovietica stalinista. Quest'ultimo indirizzo, in particolare, ha avuto i suoi ultimi suoi epigoni nel dopoguerra in Italia con artisti come Guttuso, i cui Funerali di Togliatti restano, in questo senso, l'esempio forse più noto e migliore.

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